domenica 30 agosto 2020

NOVELLI E I 35 GIORNI

Per contrastare la beatificazione di Cesare Romiti, nella sua intervista al “Manifesto” del 19 agosto, Diego Novelli gli attribuisce due falsificazioni. 

La prima: non furono 40mila, ma 16mila. Può darsi, ma seppe farli bastare. 16, 20 o 40mila che fossero (sono credibili i 16mila come da prima comunicazione della Questura), la loro irruzione sulla scena torinese terremotò la fase conclusiva della lunga lotta sindacale. A quel corteo partecipò un numero di lavoratori di gran lunga superiore ai “resistenti” ai presidi. Poche ore dopo quel corteo, la Procura di Torino (dott. Tinti) deliberò di “fare aprire i cancelli” per il giorno dopo, anche con l’impiego di polizia e carabinieri. Chi ricorda ancora quelle ore al primo turno?

La seconda: non è vero che Berlinguer abbia incitato gli operai a occupare la Fiat, interrogato da Liberato Norcia, uno dei leader della Fim-Cisl alle Carrozzerie di Mirafiori, che Novelli pensava fosse di Lotta Continua. Rispondendo che il Pci avrebbe appoggiato ogni forma di lotta decisa dai lavoratori con i loro sindacati, il   segretario comunista difendeva la sua sintonia con i duemila polacchi (come li chiamò Salvatore Tropea) aggrappati al sempre più debole presidio delle 32 porte di Mirafiori. Nello stesso tempo auspicava la conclusione della difficile e lunga vertenza temendo che anche il partito pagasse le conseguenze di una disfatta.  

Sapevamo tutti - dopo l’affissione da parte della Fiat dei 24.000 nominativi dei lavoratori posti unilateralmente in cassa integrazione a zero ore, in alternativa ai 14.000 licenziamenti preannunciati da Umberto Agnelli -  della non praticabilità di una lotta articolata che avrebbe dovuto “separarsi” dai 24.000, i quali si sarebbero sentiti abbandonati al loro destino! Se l’occupazione di Mirafiori e Rivalta era impensabile, la scelta dei presidi dei cancelli, dall’esterno, apparve in quei giorni non già una scelta disperata, ma obbligata, per garantire l’unità dei lavoratori. 

Era possibile un accordo diverso? Era ancora possibile salvaguardare e rispettare le decisioni dei Consigli di Fabbrica e delle assemblee dei lavoratori? Avremmo meritato una sconfitta più rispettosa e meno disonorevole, non misconosciuta dalla pantomima di un accordo già deciso, indipendentemente dall’esito del voto delle assemblee.

Ma questa storia non interessa Novelli, impegnato a dividere il movimento operaio torinese di quei 35 giorni in gruppettari isolati da un lato e Fiom, Cgil, Lama con “la barra dritta” dall’altro. Il terrorismo poi non c’entra. Durante i 35 giorni quell’ordine di monaci combattenti aveva deciso di osservare un religioso silenzio.

Uscire dal coro degli elogi, fino al limite delle adulazioni, andare controcorrente è un valore in sé per il pluralismo, purchè non si incorra in gravi omissis. 

Diego Novelli nella sua intervista insiste nel “demolire” Romiti come persona per rendere più semplice la delegittimazione del suo ruolo e delle sue idee. Per Piero Fassino, la liquidazione avviene con una fredda battuta di mezza riga che gli nega addirittura la maturità. 

A distanza di molti anni, avendo più elementi  di valutazione, chi è stato al centro di quegli avvenimenti drammatici, anche pagandone le conseguenze, come lo stesso Novelli, dovrebbe chiedersi se l’esito di quella lotta finita male non abbia annunciato anche il declino della stagione delle Giunte di sinistra.  

Mario Dellacqua



mercoledì 26 agosto 2020

C'È CHI DICE NO

Il prossimo 20 e 21 Settembre saremo chiamati alle urne per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. La riforma, se confermata, prevede una riduzione dei deputati da 630 a 400 e da 315 senatori a 200. La motivazione? Semplice, ridurre i costi della politica. Con questa riforma si dovrebbero risparmiare 57 milioni di euro all'anno. Inutile sottolineare per l'ennesima volta che si tratterebbe di un risparmio irrisorio se si pensa alla spesa pubblica e ai costi della burocrazia (nel 2018 i fondi stanziati per la pubblica amministrazione sono stati 100,2 miliardi di euro, per intenderci la riforma consentirebbe un risparmio inferiore a 6 centesimi su 100 euro di spesa). Tradotto per il contribuente, il risparmio equivarrebbe ad un caffè all’anno per ogni cittadino. Chi vorrà vedere scorrere il sangue dei politici o chi vuole far credere che la politica sia una cosa sporca e che non ci sia speranza per essa non vorrà sentire ragioni e qualsiasi risparmio ai suoi occhi sarà un'occasione più che ghiotta per far cadere la ghigliottina sulla politica e farla pagare alla "casta".
Forse, più che sulle argomentazioni dei costi che sono molto opinabili in quanto non esiste alcuna certezza sul risparmio perché quello che prima veniva guadagnato da 630 persone adesso lo potrebbero guadagnare "solo" in 400 ritrovandosi più potenti, più irraggiungibili e più incontrollabili di prima, dovremmo focalizzarci su quanto questa riforma riduca la rappresentanza di interi territori e come l'apparato costituzionale dovrà essere sicuramente rivisto per garantire tutto quel sistema di pesi e contrappesi che verranno stravolti e che sono propri di qualsiasi democrazia. Questa riforma non rappresenta le aspirazioni di chi cerca la giustizia sociale, ma rafforzerà i centri di potere a cui chiedere protezione in caso di bisogno in cambio di applausi, di “mi piace” e di voti. I privilegi vanno ridotti e la corruzione può essere colpita non chiedendo - non si sa bene a chi – di “mandarli via tutti”, ma nel solo modo democratico possibile: con un’ ondata di partecipazione popolare che imponga regole capaci di dare ai cittadini il potere di scegliere chi candidare al Parlamento, nei Comuni e nelle Regioni in base a programmi chiari e a competenze documentate.
A essere danneggiate da questa riforma costituzionale sarebbero principalmente le minoranze, sia quelle territoriali, come le aree interne e le aree montane, economicamente più deboli e meno abitate, sia quelle sociali in quanto i cittadini con meno strumenti avrebbero meno possibilità di candidarsi e di entrare in una delle due Camere. Infatti, un Parlamento più piccolo garantirebbe un ricambio più difficile in quanto personaggi più conosciuti prevarrebbero su esponenti meno conosciuti, anche se più competenti.
I proponenti della riforma costituzionale dovrebbero infine spiegarci come intenderanno procedere con le ulteriori modifiche costituzionali come l’elezione del Presidente della Repubblica o come verrebbero modificati i regolamenti delle due camere visto che in alcuni articoli è previsto un numero preciso di parlamentari per presentare mozioni e interrogazioni. Senza considerare che non è mai stato chiarito come verrebbero investiti i 57 milioni di euro risparmiati. Su tutto questo è calato un silenzio inaccettabile.
La democrazia ci serve come l’aria. Corruzione, privilegi, passività, ignoranza e disuguaglianze sono le malattie che ci soffocano e non ci lasciano respirare. Se non sapremo permetterci il lusso di rinnovare la vita democratica alimenteremo solamente le oligarchie creando una “casta” più piccola e più potente.
Il Parlamento è il cuore della nostra democrazia e una qualsiasi riforma che modifichi il modo in cui eleggiamo i nostri rappresentanti dovrebbe essere ampiamente discussa. Bisognerà difendere la nostra Costituzione il prossimo 20 e 21 Settembre altrimenti il costo di quel famoso caffè potrebbe essere molto, ma molto caro.


Federico Ciaffi
Mario Dellacqua
Federico Dal Zilio
Giuseppe Neri
Gregorio Codispoti
Nello Petrossi
Domenico Demuro
Matteo Cavallone
Riccardo Tassone
Kenan Kukuljac
Caterina Renna
Stefano Ciaffi
Luisella Gallegati
Alessia Marchetti
Ilenia Morlino
Francesco Schmidt
Pietro Falletto
Gian Paolo Dal Zilio
Maria Dalmasso
Ignazio Drago
Francesco Romeo
Simone Machioni
Luca Zecchi
Andrea Pennacchio
Simone D’Angelo
Niccolò Borsetto
Mattia Scalas
Michele Da Re
Alessandro Reineri
Giuseppe Noto
Maria Luigia Tommaciello
Silvia Regis
Riccardo Casaro
Lorenzo Pulie Repetto
Francesca Latiana