Se
vai sul
sito del
Comune di
None e
clicchi su
“Area Video”, ti
compare la
bella sorpresa
del volto
bonario di
Giuseppe Nicola
che ci
racconta la
storia del
Cinema Eden,
cominciata nel
1935 quando si
chiamava ancora
Cinema Parrocchiale.
Sulla pellicola
che stupiva
e stregava
una comunità
di contadini
(mentre oggi
fa fatica
a trattenere
un pubblico
sempre più
selezionato), Nicola
fa scorrere
scampoli significa
suggestivi
di storia
locale, segnata
dall'impatto
con la
modernità che
– stringi stringi
- coincideva essenzialmente
con tutte le insidie e con tutto il fascino dell'industria
e della libertà.
Se, come
ci ha
rammentato il
mai dimenticabile
libro di
Maria Dell'Acqua,
il treno
era stato
salutato ottant'anni
prima come
“la
pur”
(la paura),
nella stagione
trionfante del
Duce “la
cinematografia
era l'arma
più forte”.
Ma
Monsignor Vigo
non era il
cavaliere di
Predappio. Non voleva
fabbricare la
coscienza dell'uomo
nuovo per
prepararlo al
sacrificio eroico
e patriottico
della guerra.
“Munsignur”
si accontentava
di vedere
i suoi
fedeli divertirsi
con questa
forma moderna
di intrattenimento
e di
istruzione popolare.
E non
“prendergli
i soldi”.
Quando il
cinema era
muto e
fra una
scena e
l'altra
comparivano didascalie
da leggere,
in sala
si diffondeva
un vociare
collettivo che
sembrava riprodurre
la recitazione
del rosario.
Poi il
miracolo. “Il
lenzuolo
parlava”
e dispensò
dalla fatica
della lettura
anche chi
leggeva solo
in quella
occasione e
in poche
altre: perciò
imprecava se
non faceva
in tempo
a leggere
tutto. Parlando,
quel lenzuolo
cominciò a
muovere altre
lenzuola, a
illuminare ed
ombreggiare troppe
gambe, a
risparmiare il
superfluo della
camicetta, a
esplorare troppe
curve, a
evocare nella
fantasia troppe
esposizioni di
pelle.
Poteva
l'autorità
cattolica rimanere
insensibile a
quei fischi
e a
quegli ammiccanti
gridolini non
di dolore
che, in
sala e
sullo schermo,
sfidavano i
fondamenti della
morale corrente?
Monsignore vigilava
e Nicola,
insieme con
il suo
amico Maurizio,
si trovò preso in mezzo tra
sorveglianza parrocchiale,
umori del
mercato, gradimento
popolare e
desiderio di
inserire nella
programmazione pellicole
di pregio.
Maciste o
Bergman? “Quo
vadis”
e Ben
Hur o
Paul Newman
e “Scandalo
al sole”?
A costo
di ricorrere
ai pastelli
per correggere
manifesti troppo
audaci, Nicola
si destreggiava
con sapienza
tra le
disposizioni della
Curia che
segnalava ad
ogni parrocchia
ciò che
era “Per
tutti”,
“Adulti
maturi”,
“Adulti con
riserva”,
“Esclusi” e
“Sconsigliati”.
Chissà chi,
in Parrocchia,
collaborava a
questa selezione
censoria e
al monitoraggio
di queste
schede, ognuna
di colore
diverso a
seconda del
grado di
pericolosità e
di ammissibilità
etico-relidiosa.
Io lo
so, ma
non lo
dico. Non mi conviene.
Mario
Dellacqua
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