Piero Gobetti, con il suo
elogio della ghigliottina, mi ha sempre spaventato. Alle minoranze etiche che
suscitano ammirazione ho sempre preferito l'esempio di minoranze tranquille,
quelle che non rinunciano alla tenacia, ma sanno dialogare lealmente anche con
la maggioranza che combattono. Perciò esse evitano di presentarsi come modelli
eroici, superiori ed inimitabili di intransigenza che scavano un fossato
insuperabile tra eccezione e normalità quotidiana.
Il richiamo al sangue, poi, mi
respinge lontano da chi lo propone. Evocando la ghigliottina a un mese dalla
marcia su Roma, Gobetti auspicava l'accelerazione chiarificatrice di un
processo al termine del quale il fascismo avrebbe gettato la maschera di
movimento liberatore e avrebbe obbligato tutti a guardare in faccia la sua vera
natura di nuovo padrone. E a stare o di qua o di là.
Anche le Brigate Rosse volevano
costringere lo Stato imperialista delle multinazionali a gettare la sua
maschera democratica: se avesse svelato il suo volto tirannico, le masse
sarebbero state spinte sulla via della rivoluzione. Io non mi sono mai fidato
gran che. Al tanto peggio-tanto meglio non c'è mai fine e
arrivati al fondo non è detto che ci si risollevi. Si può sempre scavare
ancora. Essere rinchiusi in un lager non favorisce le sollevazioni ribelli, ma
lascia attecchire la zona grigia del si salvi chi può, la lotta di tutti contro
tutti per sopravvivere, in una giungla dove ogni uomo è lupo per un altro uomo
o dove ogni uomo è disposto a diventare un uomo di un altro uomo.
Lo so. E tuttavia. Troppa gente
invoca sangue e fuoco per curare la sua disperazione o per proteggere una
minacciata condizione di relativo benessere e di acquisita sicurezza sociale.
Rivolgendosi a Giuda
nell'ultima cena, Cristo gli chiese di fare presto quello che in cuor suo aveva
deciso di fare. Se avete nostalgia dei roghi, la stoppia è pronta. Volete dare
fuoco subito agli accampamenti nemici?
Molto resta da fare e da
cambiare nei comportamenti dei cittadini e dello Stato per affermare la
legalità di un trattamento uguale per tutti e capace di colpire il malaffare
dovunque si manifesti: senza discriminazioni tra etnie, senza distinzioni di
fede religiosa, di colore della pelle, di appartenenza politica. Io non vedo l'ora
di arrivare alla fine delle violenze. Ho fretta di arrivare alla comprensione,
alla mediazione, alla coesistenza, all'accordo, alla pace. Nessuno di noi è
quello che pensa di essere. E' sempre anche qualcos'altro.
Mario Dellacqua
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