Caro Peppino,
eri sempre presente, allegro, giovialmente partenopeo, sempre battagliero, ma sempre paziente e sempre rispettoso dei tuoi interlocutori, anche i più lontani. Eri sempre disponibile ad aiutare gli altri.
Insieme abbiamo attraversato ore difficili di impegno in una stagione intensa di sperimentazioni sociali e di rinnovamento democratico. Ci siamo trovati impigliati in responsabilità pubbliche di fronte alle quali ciascuno di noi sapeva, in cuor suo, di essere inadeguato. Eppure tu non ti tirasti indietro e insieme a te ci provammo, certo con alterne fortune. In cambio del tuo impegno non chiedesti mai ricompense, privilegi, carriere. Percorremmo un nostro individuale e collettivo viaggio di autoeducazione permanente, di maturazione, di istruzione, di emancipazione.
Imparammo un po' a mescolare “temperanza e coraggio, virtù senza le quali”, come diceva Simone Weil, “la vita è solo un vergognoso delirio”.
Vivemmo grandi momenti di fraternità che nemmeno le inevitabili incomprensioni della vita riuscirono a scalfire.
Vivemmo grandi momenti di fraternità che nemmeno le inevitabili incomprensioni della vita riuscirono a scalfire.