Se si osservano le fotografie di “None nel tempo” relative
soprattutto al centro del nostro paese si rimane impressionati dai “vuoti” che in questi ultimi decenni sono
stati creati.
L'unica spiegazione che riusciamo a trovare è la volontà che
si avvertiva nella mentalità di quei tempi di evidenziare, in maniera anche plastica, una netta
discontinuità con l'epoca precedente di
cui implicitamente si denunciava la fame, la fatica e la miseria tipiche della
società contadina.
Contemporaneamente si guardava con grande fiducia alle
promesse della nuova civiltà industriale. Pertanto lo spazio vuoto era
necessario per facilitare la mobilità ed il senso di libertà dell'individuo non
più dominato dalla tradizione che gli edifici simbolo del tempo passato
rappresentavano.
Furono indubbiamente delle decisioni radicali perché in altre
comunità si evitarono invece gli abbattimenti e si scelsero gli aggiustamenti
cioè le ristrutturazioni, anche con demolizioni parziali, pur di mantenere una traccia del passato.
E' proprio applicando questa metodologia che siamo riusciti
ad intervenire all'inizio degli anni '80
per salvare la zona del “vecchio municipio” che ora, ristrutturato,
testimonia un passato da ricordare e svolge un'insostituibile funzione culturale per il presente ed il
futuro.
Nell'attuale epoca post-industriale e post-moderna sembrano
sempre più eccessivi i furori demolitori dei decenni precedenti e si sente la
necessità di rioccupare architettonicamente quegli spazi anche perché sono
crollati i miti legati alla libertà di mobilità e di azione, semmai il “vuoto”
rappresenta una rinuncia a realizzare qualcosa di utile alle esigenze sociali.
E' comprensibile quindi che ci si interroghi su cosa
realizzare negli spazi vuoti nel centro del nostro paese come sta avvenendo nel caso della
piazza Rubiano. Però non si può neanche partire all'avventura, cioè decidere
frettolosamente per soddisfare esigenze che sembrano impellenti senza avere uno
sguardo complessivo.
Bisogna recuperare e riproporre, anche se in chiave
rimodernata, quel senso di armonia architettonica che caratterizzava la piazza
Cavour fino quasi alla fine degli anni '60: le arcate dell'Ala che anticipavano
quelle dei vecchi portici..., lo sfondo artistico rappresentato dal palazzo
Cerutti che valorizzava anche la semplice linearità delle facciate delle case
ai lati …, l'arco del portone che introduceva nella cascina Rubiano....
Per ripristinare tale armonia non dobbiamo pensare alla
singola realizzazione, ma al contesto. Quindi è necessario sviluppare prima uno
studio per valorizzare tutti i “vuoti”.
Tale lavoro non può essere svolto da poche persone, seppure
titolate, ma deve prevedere un confronto collettivo: sarebbe utile promuovere
un concorso di idee per disegnare e concordare la realizzazione del centro di
None.
In questi ultimi decenni sono stati compiuti nel concentrico
numerosi interventi di arredo urbano, tutti legati alla ristrutturazione o
al rifacimento e completamento
dell'esistente: dal marciapiede al posto delle “lose” in via Roma, ai portici
nuovi, a tutto il viale stazione e a
piazza Vigo. Adesso si prevede d'intervenire nella zona dei vecchi portici. Va
tutto bene quando si tratta di riqualificare un qualcosa di già esistente, è
più impegnativo quando invece si tratta di ideare e realizzare dal niente, dal
non esistente, dal vuoto appunto.
Non si può pertanto decidere in modo frettoloso con il
rischio di creare delusione tra i concittadini ed essere poi di nuovo costretti
all'abbattimento dopo non molto tempo!
Domenico Bastino
Giovanni Garabello
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