lunedì 30 aprile 2018

Festa sezione ANPI di None di celebrazione del 25 aprile


Scrive Ada Gobetti, ricordando la sera della liberazione di Torino, il 28 aprile 1945:

Pensavo a tutto quello che era accaduto in quella lunghissima giornata; ma pensavo soprattutto al domani. […] Confusamente intuivo […] che cominciava un’altra battaglia: più lunga, più difficile, più estenuante, anche se meno cruenta. Si trattava ora di combattere non più contro la prepotenza, la crudeltà e la violenza, – facili da individuare e odiare – ma contro interessi che avrebbero cercato subdolamente di risorgere, contro abitudini che si sarebbero presto riaffermate, contro pregiudizi che non avrebbero voluto morire: tutte cose assai più vaghe, ingannevoli, sfuggenti. E si trattava inoltre di combattere tra di noi e dentro noi stessi, non per distruggere soltanto, ma per chiarire, affermare, creare; per non abbandonarci alla comoda esaltazione d’ideali, […] per non accontentarci di parole e di frasi, ma rinnovarci tenendoci «vivi». Si trattava insomma di non lasciare che si spegnesse nell’aria morta di una normalità solo apparentemente riconquistata, quella piccola fiamma d’umanità solidale e fraterna che avevamo visto nascere il 10 settembre e per venti mesi ci aveva sostenuti e guidati.

Sapevo […] anche che la lotta […] non avrebbe avuto più, come prima, un suo unico, immutabile volto, ma si sarebbe frantumata in mille forme, in mille aspetti diversi; e ognuno avrebbe dovuto faticosamente, tormentosamente, attraverso diverse esperienze, assolvendo compiti diversi, umili o importanti, perseguir la propria luce e la propria via. (Einaudi 1972)

Queste parole di Ada Gobetti chiudono il suo “Diario partigiano” – e aprono il nostro. Ricordare è una faccenda complicata, intima e pubblica insieme. Quello che ricordiamo oggi non è solo un avvenimento storico e una lotta iniziata ormai 75 anni fa, ma una posizione, un modo di essere di cui c’è ancora una necessità vitale, oggi più che mai. È la «fiamma d’umanità solidale e fraterna»; è la condivisione di valori che riassumiamo nella formula Antifascismo – non una bella formula, perché apparentemente è solo contro qualcosa, mentre racchiude un atteggiamento che è profondamente a favore di qualcosa: l’idea che tutti (tutti!) possano collaborare al benessere, alla – uso una parola che quasi non osiamo più dire: alla felicità collettiva. (decidete voi se è “felicità” o “collettiva” la parola che non si può più dire). O in altre parole: la costruzione di una realtà di scambi, di solidarietà, di condivisione di valori, di decisioni e di beni, dalla quale nessuno è escluso a priori, una realtà tollerante in cui tutti considerano gli altri dei pari, una realtà dove le gerarchie sono solo funzionali. Sono i grandi principi dell’Illuminismo alla cui ombra continuiamo – grazie al cielo! – a vivere, ma che non sono scontati, necessari e meno che mai universali. È la «fede» di cui parla Benedetto Croce nel suo Manifesto degli intellettuali antifascisti del 1925: «la fede che da due secoli e mezzo è stata l'anima dell'Italia che risorgeva, dell'Italia moderna; quella fede che si compose di amore alla verità, di aspirazione alla giustizia, di generoso senso umano e civile, di zelo per l'educazione intellettuale e morale, di sollecitudine per la libertà, forza e garanzia di ogni avanzamento». Generosità, zelo e sollecitudine: cioè impegno, lavoro in prima persona. In questi anni la nostra sezione ha provato, con tutte le fatiche del caso, a fare delle cose in questo senso. La più riuscita è certamente il dialogo con i ragazzi delle scuole, i “primi passi partigiani” intesi a mostrare che anche a None è passata la storia, sono state fatte delle scelte non banali, è rimasta viva, anche nel buio della notte fascista, la «fiamma solidale». Mi pare che funzioni: lo stupore di molti di questi ragazzi è sorprendente e scalda il cuore, e l’entusiasmo di questa mattina lo dimostra. Molte altre cose si potrebbero fare, e non si fanno per mancanza di forze: e questa è una buona occasione per invitare tutti a partecipare agli incontri e alle decisioni, per dividere il carico. Anche in questo senso, la festa di oggi vuole essere allora «fraterna e solidale», uno dei modi per tenerci «vivi», come dice Ada Gobetti: come persone e come associazione.

Grazie a tutti. Viva il 25 aprile, viva None, viva l’Italia liberata!


Massimo BONIFAZIO
 

1 commento:



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