«Lui»,
Grillo,
in
un'intervista
a
un'emittente
americana,
dice
di
essere
«solo
il
portavoce»,
il
«garante»
che
nel
suo
movimento
non
entra
«chi
ha
già
fatto
politica».
Non
dovevo
entrare
nel
movimento
sindacale
e
nella
Fim-Cisl.
Non
dovevo
interessarmi
di
palestinesi,
di
contingenza
nelle
liquidazioni,
di
cassa
integrazione
a
rotazione,
di
scala
mobile,
di
Mezzogiorno,
di
lavori
socialmente
utili.
Ultimamente
persino
di
ambiente,
di
centrali
a
biomasse
legnose
o
a
biogas.
Non
dovevo
partecipare
alle
lotte
contrattuali,
ai
presidi
in
difesa
dell'Indesit
o
ai
35 giorni
della
Fiat
nell'Ottanta.
Democrazia
Proletaria,
poi,
un
partito
senza
speranza
e
soprattutto
senza
soldi.
Anzi,
ne
chiedeva.
E,
in
un
clima
da
convento
laico,
educava
i
suoi
sparuti
funzionari
al
tiro
della
cinghia
e
al
salto
del
pasto
e
dello
stipendio.
In
22 anni
di
festainrosso
a
None
non
avrei
dovuto
collaborare,
con
altri
amici
e
compagni,
alla
raccolta
di
oltre
50mila
euro
distribuiti
ad
Amref,
Croce Verde, Caritas,
Medici
senza
Frontiere,
Auser
per
comprare
auto
per
disabili,
o
costruire
pozzi
in
Kenia
ed
Eritrea,
o
adottare
bambini
a
distanza,
o
organizzare
microprestiti
per
lavoratori
a
rischio
di
licenziamento.
Avrei
dovuto
rimanere
buono
in
parrocchia
o
al
massimo
uscire
per
la
bocciofila.
Adesso
il
mio
curriculum,
con
l'aggravante
di
essere
alla
luce
del
sole,
mi
condanna
inesorabilmente
a
subire
la
giusta
punizione
stabilita
dalle
sentenze
del
novello
moralizzatore.
Ho
perso
in
questi
42 anni
l'occasione
della
mia
vita
che
si
presenta
adesso.
Non
ho
avuto
la
pazienza
di
aspettare
facendomi
gli
affari
miei.
E
come
me
altre
migliaia
di
sconfitti,
di
derisi,
anzi
di
colpevolizzati
per
aver
«fatto
politica».
Ora
siamo
preventivamente
discriminati
ed
equiparati
ai
corrotti
e
agli
affaristi
che
hanno
succhiato
il
denaro
pubblico
con
le
loro
clientele.
Ora
siamo
«uguali,
come
tutti
gli
altri».
Comunque
non
voglio
indossare
i
panni
della
vittima.
Mi
sono
anche
divertito
e
persino
istruito.
Ho
fatto
tutto
liberamente,
non
sono
per
niente
pentito.
Stanco
sì,
non
me
ne
vergogno,
e
sempre
più
esigente
nel
pretendere
dagli
ambienti
politici
e
sindacali
che
frequento
una
robusta
revisione
di
strategie
e
di
comportamenti
per
non
continuare
a
girare
a
vuoto.
Questo
sì.
Mario
Dellacqua
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