Un amico
mi ha detto che un nuovo mondo possibile potrà nascere, ma solo dal caos. Come
me, anche lui è convinto che bisogna puntare alla redistribuzione della
ricchezza tra le classi e tra i popoli e alla conversione ecologica dell'economia.
Ma è sfiduciato. Non crede che un'alternativa al dominio del neoliberismo e
della finanza sia praticabile sul terreno delle riforme e della legalità
democratica.
Quasi
all'opposto, un altro amico – guarda un po' che sono preso in mezzo anche stavolta
– mi ha invece garbatamente sgridato perchè faccio male a rappresentare
l'impegno politico per la giustizia sociale come una strada da pedalare in
salita.
Di questi tempi più del solito, per prime le classi subalterne vogliono
sentirsi rassicurate da messaggi sereni e protettivi. Non amano scenari
apocalittici e preferiscono stare alla larga da chi prospetta percorsi irti di
difficoltà e ostacoli quotidiani.
La
recente lettura di un agilissimo e spregiudicato libretto di Yanis Varoufakis,
il ministro greco delle Finanze nel governo Tsipras, mi aiuta a fronteggiare
l'interrogativo mentre sono qui che penso dove mettermi.
Varoufakis,
che le cancellerie europee allineate con la signora Merkel hanno dipinto come
un “inaffidabile perditempo” nel tentativo di stroncarne la credibilità
di loro interlocutore al tavolo delle trattative per la “ristrutturazione”
del debito greco, ha scritto questo testo nell'evidente intento di rispondere
alle critiche rivoltegli dagli ambienti della sinistra radicale cui appartiene.
Critiche che gli “fanno male” perchè Varoufakis è il primo a confessare
che esse contengono “più di una parte di verità”. Anche lui vorrebbe
combattere un'Unione Europea antidemocratica e supina ai dettami irrazionali
del neoliberismo che fatalmente ci sta avviando sulla strada della misantropia.
Anche lui vorrebbe sostituire il capitalismo con un modello
economico-produttivo solidale ed ecosostenibile. Ma obietta che, nella
situazione attuale, lo smantellamento dell'eurozona getterebbe gran parte dell'Europa
“in una palude senza scampo di stagnazione economica e inflazione”. A
trarne profitto e potere non sarebbe una sinistra progressista, ma i maneggioni
della tecnocrazia e i populismi variopinti della xenofobia, per non dire i
neonazisti di tutte le albe dorate pronte all'agguato.
Il
marxista irregolare Varoufakis tiene conto della sconfitta da cui è reduce la
sinistra europea dopo il crollo del muro di Berlino. Riconosce che “non
siamo pronti a colmare il baratro” scavato da “élites europee allo sbando”
e sempre pronte “a negare la realtà con la testa sotto la sabbia come gli
struzzi”. Piuttosto, dice il ministro greco, occorre lottare per “stabilizzare
l'Europa” e per “porre fine alla spirale recessiva” che rischia di “incubare
le uova del serpente” e di spalancare alle armate aggressive
dell'intolleranza le porte delle già fragili democrazie europee. Proprio chi
aborrisce l'Eurozona è chiamato a compiere “l'obbligo morale di salvarla”.
Non so se un ragionamento simile può acclimatarsi in Italia, dove le sinistre
si sentono investite dalla missione di cambiare le ruote al carro senza
interrompere la sua corsa.
C'è
poi il rischio della corruzione quando ci si allea con forze
capitalistiche. C'è il rischio di
rinunciare alla propria radicale intransigenza in cambio dell'ingresso negli
ambienti protetti e ben arredati del potere. Ma va? Certo che il rischio c'è.
Vittorio Foa una volta mi ha detto che è un rischio che bisogna saper correre.
Dall'angolo
di via Roma 11 Mario Dellacqua
YANIS
VAROUFAKIS, Confessioni di un marxista irregolare, Asterios editore,
pag.46, euro 5.
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