Gentile Signor Sindaco,
sono rimasto francamente scandalizzato
dai tuoi interventi durante la festa delle Forze Armate lo scorso 6
novembre.
Mi rendo conto che alcuni discorsi sono in qualche modo
obbligati dalla natura della celebrazione, e che i margini di manovra
rispetto agli argomenti siano molto stretti. Però sono convinto che
questo non giustifichi il fatto di dire cose palesemente false, in
special modo di fronte ai ragazzi delle scuole, quel giorno
convocati.
Ciò che è emerso dai tuoi due discorsi è infatti una
“pappa di passato”, come l’avrebbe chiamata Furio Jesi, nella
quale è scomparsa ogni distinzione fra i combattenti nonesi. Di loro
hai infatti detto più volte che sono morti tutti per “amore di
patria” e per “la democrazia e la libertà”.
Quest’ultima
affermazione è sbagliata e, appunto, falsa; e svaluta in maniera
indegna i concetti stessi di democrazia e di libertà.
Non c’è
bisogno di essere insegnanti di storia per capire che i soldati del
1915-1918 possono essere anche partiti per ideali patriottici, per
‘liberare le terre irredente’, ma quelli del 1940-45 sono stati
mandati al massacro da un regime scellerato con manie di grandezza,
senza alcuna intenzione di portare “democrazia e libertà” nelle
terre che comandava man mano di invadere; e peraltro questo è
avvenuto dentro un’alleanza che ha reso l’esercito italiano di
fatto complice dei crimini hitleriani. Nel lungo elenco di nomi
ripetuto due volte, gli unici a combattere per “democrazia e
libertà” sono stati forse i tre caduti alla stazione, che peraltro
non erano di None. (Non ho bisogno di dirti che ci sono stati dei
nonesi che hanno combattuto per queste cose; ma a loro non è
dedicata né una strada, né un vicolo, né una lapide, né li si
ricorda in questa occasione). Ciò che mi ha profondamente irritato è
la volontà di esaltare a priori la figura del soldato, soprattutto
del soldato morto. Anche qui chiamo in causa Furio Jesi, che a
proposito dei fascismi ha parlato di “religione della morte”,
usata per creare nella popolazione il senso di un’unione mistica
fra loro e Duce.
A cosa serve gridare, e far gridare ai ragazzi delle
scuole, “presente!” dopo il nome di ogni caduto? (Una cerimonia
ripetuta due volte, al cimitero e al Municipio).
A cosa serve gridare
“onore alla bandiera” e “onore ai caduti”?
Non si tratta
forse di una cerimonia pseudo-religiosa, al cui centro non c’è un
dio ma la Patria?
Peraltro senza avere le idee chiare su questa
Patria, che si riduce appunto a una bandiera, a un militaresco
“spirito di corpo” (senza che il corpo esista!), a concetti
vaghissimi come Eroismo e Tradizione e al ricordo dei Morti,
importanti solo perché tali. La stessa cosa accadeva ai primordi del
fascismo, quando si esaltavano i caduti della prima guerra mondiale
per cementare il consenso al regime, e poi dopo, con il culto del
Milite Ignoto. I ragazzini a cui sono stati messi dei fiori in mano,
cosa hanno tratto da quella giornata? Cosa avrebbero dovuto imparare,
secondo gli organizzatori? C’era qualche differenza sostanziale
rispetto all’uso strumentale che ne faceva Mussolini, che li usava
come semplice decorazione per le sue cerimonie?
Io penso che il 4
novembre possa essere festeggiato solo vigilando sull’oggi,
interrogandosi sul ruolo che le attuali Forze Armate possono avere,
loro sì, nel difendere democrazia e libertà, puntando alla
scomparsa della guerra «come mezzo di risoluzione delle controversie
internazionali». Penso che lo si debba festeggiare insegnando ai
ragazzi le sfumature della storia del proprio paese, senza fare una
pappa di tutto, né esaltare i morti, che – con tutto il rispetto –
per la maggior parte sono morti per niente, per le
manie di grandezza dei governi, altro che per ‘amor di patria’,
‘democrazia’, ‘libertà’. E poi: perché le famiglie di quei
morti hanno sempre considerato la guerra come qualcosa di
inevitabile, alla stregua di un terremoto o di un’inondazione?
Perché non hanno fatto due più due e non hanno maledetto i
governanti che mandavano al massacro i soldati, invece di limitarsi a
piangere come se quelli fossero stati vittime di un incidente
qualsiasi? E quando ne parliamo oggi, perché quei governanti nemmeno
li nominiamo?
Scusa la veemenza, ma tanto ti dovevo.
Massimo Bonifazio
I concetti di “pappa di passato” e
di “religione della morte” li ho presi da Furio Jesi, Cultura
di destra, a cura di Andrea Cavalletti, Nottetempo, Roma 2011.
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