Anche su sollecitazione della minoranza, si discute ogni tanto del recupero del vecchio Municipio, dell’utilità o urgenza di una moderna Biblioteca, del patto di stabilità e delle sue ricadute sulle possibilità di spesa dell’amministrazione comunale.
Già Stefano Rizzo è intervenuto sulla materia ed io ho poco da aggiungere, condividendo il suo pensiero nell’essenziale.
Mi limito ad osservare che il vecchio Municipio attende un qualsiasi recupero perché giace in condizioni di abbandono dal 1976, anno in cui avvenne il trasferimento della sede comunale nel più moderno edificio al numero 9 di piazza Cavour. Si poteva dilazionare ancora nel tempo un intervento di ristrutturazione e di riuso? Certo, ma si sarebbero dovute fronteggiare le ragionevoli critiche contro le lungaggini delle opere pubbliche. E, proprio nella consapevolezza che, nel campo delle opere pubbliche, più tardi finisci se più tardi cominci, il 2 marzo 2005 la Giunta faceva benissimo, secondo me, ad approvare il progetto preliminare dei lavori scegliendo di destinare i locali a centro civico e culturale.
Non era meglio investire in altre direzioni? Certo che era possibile ed infatti mi pare di aver letto proprio su “Il Mondo di None” l’intervento di un attuale consigliere comunale che avrebbe preferito concentrare le risorse sulla scuola materna perché alle famiglie che ne avevano bisogno non si poteva dire di fare un giro intorno alla fontana della stazione o in biblioteca.
Non insinuerei, però, come capita alla minoranza di centrodestra, che si tratta di soldi sprecati per il caffè dei letterati. E’ vero che difendo l’impopolare categoria degli intellettuali per appartenere alla quale sgomito da anni: già altre volte ho sentito dire che “il resto sono solo parole”… Anche i libri e le scuole sono solo parole, eppure nessuno si sogna di proporre di chiudere le scuole e di bruciare i libri, anzi tutte le civiltà gareggiano per aprire biblioteche, fondare teatri, promuovere la musica, la pittura, la politica, la filosofia e la lettura. Il fiorire di queste attività è segno di una comunità vitale e democratica. Se queste attività deperiscono, è segno non già che si sono messe da parte le parole a vantaggio dei fatti concreti. Piuttosto, è segno che si è indebolita la libertà nella comunicazione, nel commercio delle idee, nel dialogo pacifico e gagliardo fra le diverse culture.
Lasciamo poi stare il patto di stabilità, anzi non lasciamolo stare perché soffoca l’autonomia dei Comuni proprio il ministro che parla tanto di federalismo ed equivale – qui Rizzo ha ragione da vendere – ad un loro commissariamento governativo. Se vogliamo maggiore autonomia dei Comuni, dobbiamo liberarci della politica restrittiva e punitiva che a loro svantaggio sta attuando il governo Berlusconi raccontando in giro di non aver mai messo le mani nelle tasche degli italiani.
Mario Dellacqua