Si prendano tre bicchieri. Si pongano in una superficie piana. Si stabilisca che
ognuno di essi rappresenti un obiettivo da raggiungere entro il 2020.
1. AMBIENTE: raggiungere una diminuzione del 20% delle emissioni di
gas serra degli Stati membri dell'Unione Europea;
2. FONTE ENERGIA: portare la quota di energia prodotta con fonte
rinnovabile al 20%;
3. RISPARMIO ENERGIA: ottenere un risparmio dei consumi energetici
del 20%.
Il gioco consiste nel portarli avanti contemporaneamente ma con una sola
mossa, conciliando l’aspetto economico con quello ambientale. Occorre,
inoltre, tener presente che detti obiettivi, propri della Commissione Europea,
sono funzionali agli accordi del Protocollo di Kyoto sulle emissioni dei gas
serra. Quindi, in nessun caso l’aspetto ambientale può essere subordinato ad
altre necessità.
Conosciute le regole del gioco, possiamo fare una prima considerazione.
Come si stanno muovendo i giocatori?
IL GOVERNO: come sempre in ritardo nel recepire le direttive europee, ha
puntato sul fattore fonte energetica. Ha promosso le rinnovabili con ricchi
contributi senza l’emanazione di linee guida necessarie al riordino di un
mercato, ben presto dimostratosi selvaggio. Risultato: forte impulso al business
degli operatori con aumento dei costi e, in parecchi casi, peggioramento delle
condizioni ambientali.
Ha spostato un solo elemento su tre del risiko, ha trascurato il RISPARMIO e
l’AMBIENTE e fin qui al nostro gioco ha perso.
Di recente ha però modificato la propria strategia.
Per il RISPARMIO ha deciso di rivedere il sistema delle sovvenzioni
modulandole in funzione di sistemi cogenerativi ad alto rendimento:
• Viene valorizzata l’energia prodotta al netto di quella impiegata nel
processo produttivo.
• La durata è subordinata all’utilizzo in teleriscaldamento del calore
prodotto.
Per l’AMBIENTE ha emanato delle linee guida che a loro volta delegano
le Regioni ad emanare le proprie. Ad esse è riconosciuta la possibilità di
evidenziare le “zone non idonee” all’insediamento di nuovi impianti .
La REGIONE PIEMONTE: la Commissione Ambiente della Camera dei
Deputati, nell’ambito di una sua indagine conoscitiva, ha richiesto a cinque
regioni, fra le quali la regione Piemonte, lo stato dell’arte dei lavori di
recepimento delle linee guida nazionali.
La regione Piemonte, in forza del pregresso non esaltante e fortemente
sollecitata da decise contestazioni delle comunità interessate agli insediamenti,
ha risposto evidenziando le difficoltà specifiche del nostro territorio e la
necessaria cautela da attivare in tale processo decisionale:
“… Lo sviluppo dell’utilizzo energetico delle biomasse …… può incidere
negativamente sulle emissioni di inquinanti quali il particolato (PM), gli ossidi
di azoto (NOx) e i composti organici volatili (COV) rendendo quindi ancora
più impegnativo, per gran parte del territorio regionale, il raggiungimento
degli standards di qualità dell’aria individuati dalla vigente normativa
europea (direttiva 2008/50/CE). ……..
Il territorio della Regione Piemonte, come peraltro quello dell’intero bacino
padano, presenta forti criticità in merito alla qualità dell’aria. Si rendono
quindi indispensabili interventi in grado di produrre una sostanziale e
strutturale diminuzione delle emissioni degli inquinanti più critici, obbiettivo
che, nell’ambito della produzione di energia (termica e/o elettrica), diventa
sicuramente più arduo nel momento in cui si sostituiscono progressivamente
i combustibili fossili con le biomasse, caratterizzate di norma da fattori di
emissione di inquinanti quali PM e NOx sostanzialmente più elevati…
La problematica dell’interazione tra lo sfruttamento della biomassa e il
risanamento della qualità dell’aria sarà inserita, nell’ambito delle Linee
Guida regionali sugli impianti per la produzione di energia elettrica alimentati
con biomassa (recepimento DM 10.09.20101), tra i criteri per l’individuazione
di porzioni di territorio non idonee a ricevere impianti per la produzione di
energia elettrica da biomassa.….”
Sfruttando il vantaggio di giocare dopo, quanto sopra farebbe presagire che la
regione Piemonte sia sulla strada giusta per fare le mosse vincenti. Siamo però
tutti consapevoli di quanto si addica alla politica l’operato di Penelope sulla
sua tela. E' bene quindi, per le classifiche di merito, aspettare le posizioni del
concorrente al traguardo.
La PROVINCIA di Torino: è stata mandata in prima linea dalla regione con il
compito di autorizzare gli insediamenti in un contesto normativo in definizione.
Ha provveduto in autonomia a darsi delle regole che nel complesso possiamo
definire di “buon senso” ed in completa sintonia con quanto dopo espresso
dalla regione Piemonte.
Ha evidenziato il fattore AMBIENTE richiamando le cautele necessarie
per i centri definiti in zona di Piano e, per questi, ha inteso vincolare le
autorizzazioni a precisi bilanci ambientali che comportino un miglioramento
della qualità dell’aria. Per il RISPARMIO ENERGETICO, collegando
la produzione di energia elettrica a quella termica da utilizzare tramite
teleriscaldamento, ha introdotto il vincolo della cogenerazione. Inoltre,
prevedendo il rispetto di determinati indici di risparmio energetico, ha
meglio caratterizzato e definito l’impiantistica del processo produttivo in
autorizzazione.
Una prova orale eccellente. Peccato che la prova pratica sia stata disastrosa.
A None, quindi in un paese di zona di Piano e come tale da interessare con
azioni specifiche per il miglioramento dell’aria, ha autorizzato la costruzione di
una centrale a biomassa:
• in assenza di un serio progetto di teleriscaldamento, in un contesto dove
non sarebbe neanche economicamente utile prevederlo.
• Senza la minima traccia del previsto “bilancio ambientale” che peraltro,
valutato il contesto specifico e la concentrazione di analoghi impianti,
non potrebbe in alcun modo presentare un saldo positivo.
• In pieno contrasto con la società richiedente l’autorizzazione che ha
presentato ricorso contro gli indici di risparmio energetico e i criteri di
utilizzo del calore prodotto.
Un’autorizzazione che sconfessa tutti i buoni propositi presenti nelle linee guida
provinciali.
Se sospendiamo il giudizio sull’operato della regione, in attesa che prendano
corpo le sue decisioni e, con la cautela del caso, possiamo ricondurre il nostro
timore al tatticismo di Penelope, nel caso della provincia possiamo apertamente
affermare che si è “predicato bene ma razzolato male”.
Mario Ruggieri