La festainrosso è diventata parte di un nostro percorso individuale e collettivo di autoeducazione permanente. Critichiamoci pure, ma badiamo sempre a salvaguardare tra di noi un terreno fertile per la coltivazione di uno spirito di fraternità. Prima di condannare, demolire, deridere o squalificare cerchiamo di comprendere che dietro ad ogni comportamento non c'è per forza una colpa da punire, ma una ragione da cogliere e una goccia di verità o di debolezza da rispettare. Devo capire che gli altri non sempre possono stare a mia disposizione. Gli altri esistono, con gli altri si devono cercare delle mediazioni e non perchè il mondo andrebbe meglio se tutti facessero quello che vuoi tu, ma perchè senza consenso, senza condivisione, senza contaminazione reciproca non c'è opera collettiva. E non c'è solidarietà e progresso senza opera collettiva. I leader in questa luce (o meglio, in questa ombra) rassicurano o danno momenti di euforia, ma non costruiscono volontà capaci di reggere alla fatica delle prove dure, dei momenti aspri, delle difficoltà. I veri amici sono quelli che sanno superare i momenti di contrasto, non quelli che li tacciono per amore ipocrita del quieto vivere.
Dunque impariamo a rispettarci, il che vuol dire per esempio (e non sembri provocatorio), imparare a parlare uno per volta. Quella sarebbe una conquista, un segno di avanzata morale, una prova che rispettiamo gli altri e li consideriamo nostri pari.
Ho molto imparato in questi anni di festainrosso e di multiforme e tormentata attività politica. Sono grato a tutti, ai più anziani, a quelli che non sono più tra noi, e a quelli che per la prima volta si sono avvicinati a noi per partecipare a questa avventura. Cerchiamo di forzare i nostri limiti. Cerchiamo di colmare il divario tra lavoro di direzione e di pensiero e lavoro manuale ed esecutivo. Cerchiamo di superare i nostri confini. Cerchiamo di aprirci alla società, a tutti i mestieri e a tutte le fedi politiche e religiose che con le motivazioni più disparate permettono ogni anno che si rinnovi il successo di questa nostra impresa di solidarietà: un misto di ribellione e di disciplina. D'altra parte, l'antica origine rifondarola non ha forse lasciato il posto tra noi a una pluralità di appartenenze o di diffidenze che vanno dal Pd ai cinque stelle passando per Sel, la lista Tsipras e Rifondazione? E questa pluralità è forse un ostacolo alle nostre progettazioni di cooperazione internazionale, di solidarietà sociale con i ceti più colpiti dalla crisi, di opere di istruzione popolare e di inclusione degli stranieri? No, non è un ostacolo. Dunque continuiamo a pensare in grande e globalmente e ad agire localmente, a costruire occasioni piacevoli e amichevoli di incontro e di aiuto reciproco. Lo ripeto ancora: con il tempo, dal basso e con gli altri. Un anno ci separa dalla 25esima edizione: un appuntamento che va preparato con calma, allegria, pensiero collettivo e tanti piccoli o grandi momenti di ribellione, di civiltà, di partecipazione democratica e di istruzione. Un abbraccio a tutti con il cuore gonfio di gratitudine per le emozioni che talvolta mi è capitato di vivere lavorando con ciascuno di voi. Ho trovato poesia e dignità in ogni incertezza dei vostri occhi che è anche la mia. E' la stessa incertezza, poesia e dignità che accompagna questa grande avventura così bella e così strana da sembrare incredibile.
Mario Dellacqua
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