Nell'estate
del 1943, un'adolescente è in vacanza con la famiglia sul litorale
romano: un'occasione di libertà fortunosamente lontana dalle grinfie
di un istituto religioso. Lì le suore la ospitavano ma sapevano
tutto e vedevano tutto perchè ti frugano “nei
vestiti e nei pensieri”.
Per quelle religiose “ogni
cosa è peccato”.
Sulla
spiaggia le giornate scorrono senza disturbi come il tran tran del
menage famigliare tra caffè, vino, gelati, carte da gioco,
sigarette, biscotti e alterchi domestici con la matrigna e uno
squallido entourage
di parenti e amici. Se vivesse tra le nuvole, questa famiglia
vedrebbe da vicino la minaccia degli aeroplani che portano le bombe
da scaricare a Roma. Invece, questa famiglia ha imparato a farsi gli
affari propri. Al massimo, mentre gli alleati avanzano dalla Sicilia
e sbarcano a Salerno, si lascia distrattamente sfiorare dalle voci
sempre più insistenti che parlano di un nuovo governo Mussolini. Ma
è poco più di un rumore di fondo.
Protagonista
è Anna, la figlia adolescente: un personaggio sconcertante che
affronta la propria iniziazione alla vita sessuale cedendo
all'invadenza senza scrupoli dei maschi. Lo fa senza stupore, con una
remissività agghiacciante. La sua educazione sentimentale è una
provocatoria e arida offerta della propria nudità. La sua
sensibilità ottusa e piatta non ha scatti di dignitosa ribellione
neppure di fronte al denaro che accetta dopo prestazioni prive di
emozioni.
D'altra
parte, la sua personalità svuotata dai brividi di ogni gioia e di
ogni scoperta è una personalità in vacanza. Attenzione. Il suo non
è un dramma esclusivamente femminile. E' il fedele corrispettivo di
un'umanità asservita e protetta nel suo microcosmo dalle parole
d'ordine del regime.
Quando
viene chiamato a servire in armi la Repubblica di Salò, il giovane
Armando, lo spasimante di Anna, si dice contento di andare in guerra.
Sul lago, Salò è una località piena di “tedesche
con voglia” dove
si rischia l'avventura di un incontro con il Duce. Perciò Armando
dice di non badare ai giudizi allarmanti sul fascismo di un soldato
con le gambe amputate: uno così sfortunato vede tutto storto per
forza. Piuttosto, “bisogna
spazzarli i traditori, annientarli”.
I suoi genitori lo incoraggiano: “non
gli farà male. E' figlio unico e viziato” e
ha “sempre
troppi soldi in mano”.
Ma
in realtà Armando non vuole partire perchè ha paura di morire e non
vuole imparare a sparare. Ha paura di scappare perchè non sa se
scappare dai partigiani, dagli alleati, dai tedeschi, dai suoi
compagni o da se stesso.
Nel
suo romanzo d'esordio, pubblicato nel 1962, Dacia Maraini esplora
impietosamente questa umanità italiota, passiva e capricciosa, con
le sue performance di mediocrità e il suo repertorio di
dissimulazioni.
Nella
sua prefazione, Alberto Moravia ha scritto che la protagonista
femminile è un personaggio “molto
moderno” perchè
vittima di una totale alienazione: “parla
in prima persona e tuttavia non conosciamo i suoi pensieri perchè,
probabilmente, non li conosce lei stessa, cioè non li pensa”.
Per Moravia, l'esordiente Dacia Maraini si rivelava una scrittrice
realista perchè mostrava di amare “la
realtà per quello che è e non per quello che dovrebbe essere”
e perchè “non
si ritrae(va) di fronte ad alcun aspetto per quanto imprevisto di
questa realtà”.
Mario
Dellacqua
DACIA
MARAINI,
La vacanza,
Lerici editori, Milano, 1962, pag.196.
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