L'incontro “non”
organizzato del 20 dicembre con le lezioni dalla crisi di Giuliano
Amato ha obbligato ad un utile ripasso di alcuni capisaldi
dell'economia i quattro gatti che non si sono spaventati di imparare
qualcosa addirittura dall'ex presidente del Consiglio, dall'ideatore
del notturno prelievo forzoso a danno dei risparmiatori, dal
responsabile di uno dei primi grandi colpi alle pensioni nel 1992,
dal delfino di Craxi, dal professore universitario pensionato
ultramilionario. Che la riduzione della paga ai parlamentari basti a
sconfiggere la crisi economica è una bella idea, ma da sola è
soprattutto una gran balla.
La seratina ha favorito
l'emergere di qualche suggestione, grazie all'affacciarsi di un
intervento non previsto e molto gradito del prof. Giorgio Lunghini.
E' comparsa, ad esempio,
un'interpretazione neomalthusiana della crisi. Il capitale
perseguirebbe una sua strategia (spontanea o scientificamente
pianificata da quello che Noam Chomsky chiama “Senato virtuale”)
volta a sboccare nella deflagrazione della guerra. Uccidendo una
quota dell'umanità in esubero, si ristabilirebbe l'equilibrio
perduto e si otterrebbe una più duratura docilità sociale
dell'esercito industriale di riserva, sempre necessario a comprimere
verso il basso i salari di quanti saranno condannati a lavorare sotto
ricatto sebbene in numero decrescente: l'innovazione nella robotica e
nell'informatica è destinata a far crescere ancora la produttività.
La possibilità di
distribuire meglio la ricchezza è alla portata dell'umanità, grazie
a tecnologie che sarebbero ormai in grado di sconfiggere la miseria,
ma gli esclusivi interessi di dominio del denaro ne ostacolano la
diffusione e sbarrano la strada agli incrementi di produttività che
permetterebbero di liberare lavoro reinventato per conquistare tempo,
salute e istruzione alla cura della persona umana e della sua
dignità.
Non so se ogni tanto da
qualche parte si riunisce il “Senato virtuale” di Chomsky
che, come dice il prof. Giorgio Lunghini, decide dove deve andare
l'umanità ma è il primo a non sapere che strada prendere. Dubito
che esista una tecnologia che possa permettere di consumare,
produrre, inquinare o non inquinare, tenere pulito l'ambiente e
protetta la natura senza passare attraverso la libera volontà e la
maturata scelta di una cittadinanza attiva e consapevole. Sul piano
individuale e collettivo. Con una visione globale del futuro e un
respiro locale nel quotidiano.
Qualsiasi riferimento –
tanto per sceglierne uno a caso - all'andamento attuale della
raccolta differenziata dei rifiuti, con il peso crescente dei suoi
costi e dei suoi ritardi sulle rive del Chisola, non è puramente
casuale, ma cocciutamente voluto. Con quale governo se la vuole
prendere “il popolo inquinato” se non ha ancora imparato a
fare la spesa senza sacchetti di plastica?
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