I protagonisti della sfibrante stagione di scissioni che
hanno contribuito ad allontanare dal Parlamento italiano ogni rappresentanza
della sinistra (esclusa SEL) invitano da mesi a “partire subito”. Non si capisce a
chi sia rivolto l'invito: essi stessi ammoniscono solennemente (non si sa bene
chi) che il nuovo soggetto non dovrà (ri)fondarsi su un regime di patti fra i
vecchi gruppi dirigenti.
Per evitare che questo regime ricompaia sotto mentite
spoglie, c'è una sola condizione da rispettare: il nuovo soggetto dovrebbe
rinunciare ad ogni competizione elettorale.
Sarebbe meglio se cercasse la sua
credibilità allenandosi in conflitti, accordi e vertenze con le istituzioni e
con le imprese. Sarebbe meglio se si lanciasse nella sperimentazione sociale di
forme di mutualismo: quante mense popolari? Quanti corsi di italiano per
stranieri? Quanti progetti in collaborazione con le Caritas per legare
l'assistenza all'inserimento produttivo dei disoccupati e a lavori socialmente
utili di protesta e di proposta? Quanti pozzi in Kenya o in Eritrea per la
cooperazione con i popoli oppressi dalla fame e dalla guerra? Quante leghe
sindacali dei raccoglitori di uva, pomodori e arance?
Se proprio non si resiste alla tentazione di una prova
elettorale, sarebbe meglio impegnarsi a destinare ogni risorsa pubblica ad
opere di solidarietà, non all'alimentazione di apparati che finiscono (o
cominciano) con il lottare per la propria sopravvivenza. E poi che si fa di
fronte al probabile riproporsi del dilemma del 1998? Appoggiare il
centrosinistra contando sui tempi lunghi di una lunga marcia o dare prova di
intransigenza a costo di favorire il ritorno della destra? Il dilemma si
ripropone oggi di fronte al governo Tsipras.
Se prima di ricomporre non ci si interroga sui motivi delle
vissute divisioni, basterà dire 'una testa un voto' per prevenire nuove lacerazioni?
Sarebbe meglio portarsi avanti con il lavoro, sempre che si faccia sul serio
quando si dice che il nuovo soggetto dovrà essere inclusivo e che l'ultimo
arrivato sarà il meglio accolto, come insegna la parabola evangelica.
Non so, ho paura, ma non è questo che mi farà rinunciare a
dare il mio contributo.
Mario Dellacqua
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