Per difendere i confini nazionali dall’invasione nera e islamica, chiude i porti, dichiara finita la pacchia degli sbarchi, sorvola sugli annegati e sui lager libici, introduce il reato di clandestinità che colpisce preventivamente le persone non per quello che fanno, ma per la condizione umana in cui si trovano cacciati senza colpa. Indagato per sequestro di persona, l’ex ministro “non vede l’ora di andare sotto processo”. Ma quando il Parlamento fu chiamato a votare per concedere o meno l’autorizzazione a procedere, ricattò tutti i suoi alleati di governo (che si lasciarono ricattare facilmente) e riuscì a farla franca.
Usò la sua vicenda personale per attirare nuove simpatie e moltiplicare i suoi consensi indossando i panni patriottici della vittima eroica, ma evitò accuratamente di pagare di persona e si sottrasse al corso della giustizia usando i suoi privilegi di parlamentare. Sulla truffa di 49 milioni, i suoi avvocati ottennero una dilazione del pagamento in 85 anni.
Lui convocò la formalità di un Congresso per far quadrare il cerchio di due partiti in uno, ovvero di un solo partito con due casse separate: una da cui far entrare solo i rimborsi dello Stato e un’altra da cui far uscire solo i risarcimenti.
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