venerdì 16 novembre 2012

Spaghetti con i crauti


Delocalizzazione, cassa integrazione, licenziamenti, precarietà, disoccupazione giovanile e tante altre raffigurazioni del lavoro popolano i pensieri della gente,  i discorsi  dei tecnici chiamati ad essere politici e dei politici improvvisatisi tecnici.  Tutti i mezzi di comunicazione giornalmente rappresentano una vasta gamma di sentimenti : dal  timore di chi il lavoro ha paura di perderlo,  alla rassegnazione di chi è stanco di cercarlo fino alla disperazione di chi l’ha perso. E’ la pancia della crisi, un nucleo denso che attira e distrugge valori economici e morali alla stessa stregua di uno spaziale buco nero.
Se la globalizzazione è per sua natura un mutamento mondiale, la crisi economica non è universale perché differenti sono gli anticorpi esistenti e sviluppati  dai singoli stati.

La strategia tedesca dello scorso decennio non è stata l’austerity. Il governo Schroder tra il 1998 e il 2005 ha visto l’adozione del consolidamento fiscale e di riforme del mercato del lavoro orientate alla crescita come parte integrante della sua politica economica. Linee guida di un’economia sociale secondo un modello che si propone di garantire sia la libertà di mercato sia la giustizia sociale, armonizzandole tra di loro.
Un processo agevolato dalla “cultura concertativa” storicamente esistente nel paese.
 La gestione delle imprese tedesche era affidata a due organi: un Consiglio Esecutivo (Vorstand) e un Consiglio di Sorveglianza (Aufsichtsrat). I lavoratori avevano diritto di eleggere metà dei rappresentanti del Consiglio di Sorveglianza.
I lavoratori eleggono i consigli di fabbrica a scrutinio segreto ogni 4 anni, formalmente sono organi indipendenti dal sindacato, e hanno competenze dirette nella gestione del personale: assunzioni, licenziamenti, contratti temporanei e flessibilità di orario individuale.
Nel dettaglio: la Germania, che ha tre grosse industrie automobilistiche in concorrenza tra loro con importanti investimenti in tecnologia, ha potuto ammortizzare gli effetti della crisi utilizzando l’elasticità della struttura produttiva, concordata con i lavoratori nell’ambito della singola azienda.
In Italia il mondo del lavoro ha le sue regole di riferimento nello Statuto dei lavoratori: “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento”. Un punto di arrivo importante “conquistato” al prezzo di estenuanti battaglie .
Le recenti strategie governative di riforma sono illustrate nel “Libro Bianco sul mercato del lavoro in Italia. Proposte per una società attiva e per un lavoro di qualità” ovvero la legge Biagi. Essa introduce una serie di novità la cui portata è paragonabile allo Statuto dei lavoratori. Diversamente da quest’ultimo, però, l’intento del legislatore parte dal presupposto secondo cui la flessibilità in ingresso nel mercato del lavoro è il mezzo migliore, nella attuale congiuntura economica, per agevolare la creazione di nuovi posti di lavoro. La rigidità del sistema, invece, contribuirebbe a creare spesso alti tassi di disoccupazione.
Le aziende che hanno deciso di introdurre le nuove tipologie contrattuali per le assunzioni, hanno beneficiato di sconti contributivi e fiscali nonché di un maggiore fattore di ricambio del personale, ove non si fosse giudicato adatto quello assunto.
Per contro:
·         Alla prevista flessibilità non ha fatto seguito una riforma  sugli ammortizzatori sociali, tramutando di fatto una situazione di lavoro flessibile in una situazione precaria,  soprattutto in un contesto economico nel quale non  è  facile, per non dire impossibile, il ricollocamento nel mondo del lavoro.
·         Dovendo le aziende versare minori contributi, i lavoratori precari hanno un accantonamento pensionistico inferiore ai loro colleghi con contratti tipici.
·         Le retribuzioni e i livelli di qualifica non sono proporzionate al livello di istruzione crescente delle ultime generazioni. Esiste inoltre una forte differenza di salario, a parità di mansioni, tra operaio, quadro e impiegato di concetto, fra i differenti contratti nazionali..
·         Questi lavoratori non sono in grado di poter fornire garanzie reali di un salario nel lungo periodo, lasciandoli in evidente difficoltà nel momento in cui sono costretti, anche in età avanzata, a richiedere agli istituti di credito del denaro per far fronte alle piccole spese quotidiane o per l’acquisto della casa nella quale andare ad abitare.
·         Il precariato, inoltre, pone il dipendente in una situazione di debolezza, nella quale, sottoposto al rischio di perdere il lavoro, più difficilmente potrà rivendicare i suoi diritti (sicurezza compresa) ed un salario migliore.
Alcuni dati sembrano quindi porre in discussione l’ipotesi del libero mercato efficiente e della capacità del mercato del lavoro di assumere la migliore configurazione possibile nell’interesse economico delle parti, in assenza di vincoli legislativi. Atri possono definire “choosy”  l’atteggiamento di chi si trova in tale contesto.
La recente “riforma Fornero” ha inteso incidere sulla “fluidità”  di uscita dal mondo del lavoro. La materia del licenziamento ha subito importanti modifiche; infatti, verrà modificato l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ci saranno novità (es. sanzione pecuniaria anziché reintegro) nel licenziamento per motivi economici e per motivi disciplinari, è previsto inoltre, l’inserimento della procedura veloce nell’ambito del processo del lavoro. Una riforma perniciosa per i lavoratori e scarsamente utile per il mercato del lavoro. Sono ben altre le cause che sconsigliano gli investitori esteri dall’operare in Italia. 




I dati dimostrano, inesorabilmente, il fallimento delle misure prese.
Oltre l’aspetto numerico occorre considerare un deterioramento delle relazioni:
·         Intersindacali
·         Tra gli stessi lavoratori (vedi referendum Fiat )
·         Tra i lavoratori e gli abitanti del luogo ( vedi Ilva di Taranto)
·         Tra imprenditori e magistratura (vedi Ilva e reintegro operai Fiom)
·         Tra imprenditori e governo (vedi investimenti promessi e minaccia delocalizzazione)
·         Tra governo e giovani (vedi laureati fuori corso” sfigati” e troppo esigenti “choosy”)
·         Tra gli stessi imprenditori ( Della Valle vs. Marchionne)
Due sono quindi le considerazioni di fondo:
1.      Dalla Germania siamo distanti “di corpo e di spirito”.
2.      La regolamentazione del mercato del lavoro aiuta lo sviluppo, ma la condizione necessaria è l’esistenza del lavoro stesso. La mancanza di una politica industriale determina oggi in Italia l’assenza di tale condizione.

Mario Ruggieri

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