Sorprendendo gli astanti,
il 27 ottobre a Palazzo Vittone, Sergio Coalova ha parlato poco di sé
e solo su sollecitazione dei presenti. Ha parlato molto di come il
nazismo in Germania motivava lo sterminio degli ebrei.
In una riunione riservata
con i suoi gerarchi più fidati, Himmler si preoccupava di
sterilizzare ogni serpeggiante residua forma di neutralità,
comprensione o compassione per la sorte degli ebrei. “Sappiamo
benissimo – disse – che gli ebrei sono tutti porci, ma ogni tanto
incontriamo qualcuno che spiega che il tale impiegato è onesto anche
se ebreo, il tale funzionario è educato anche se è ebreo, il tale
lavoratore è efficiente e professionalmente valido anche se ebreo.
Va a finire – cito a memoria dall'intervento di Coalova – che il
numero degli ebrei buoni è superiore al loro totale”.
Assonanze strane ma non
troppo con molte voci oggi in circolazione: “Non tutti i rumeni (o
albanesi, o marocchini, o zingari) sono ladri, ma la maggioranza...”.
I puntini sospensivi nascondono la sostanza indicibile e desiderata.
Nascondono la richiesta di non badare troppo per il sottile, di non
scambiare legalità con buonismo, di usare le maniere forti che
diamine se non vogliamo trovarci davanti al fatto compiuto
dell'invasione.
In
proposito voglio solo ricordare il Primo Levi che ne
“I sommersi e i salvati” diceva:
“Non comprendo, non sopporto che si giudichi un uomo non per quello
che è, ma per il gruppo cui gli accade di appartenere”.
Etty
Hillesum, ebrea
olandese morta
ad Auschwitz,
diceva sulla stessa linea:“Se
anche non
rimanesse che
un solo
tedesco
decente,
quest'unico
tedesco
meriterebbe di
essere difeso
contro quella
banda di
barbari, e
grazie a
lui non
si avrebbe
il diritto
di riversare
il proprio
odio su
un popolo
intero”. (Dal
suo Diario
1941-1943. A cura di J.G. Gaarlandt, Adelphi
Edizioni, Milano).
Le domande
dei presenti non potevano non tornare all'esperienza tragica di
Coalova ventenne a Mauthausen. Era taglialegna e il camion che ogni
giorno lo portava al lavoro nei boschi a qualche chilometro dal
campo, spesso veniva fermato da un contadino che voleva consegnare ai
nazisti un evaso (solo dieci o dodici si sono salvati). Quel
contadino forse era ricattato da mille occhi che, in caso di mancata
denuncia, lo potevano accusare di complicità con i detenuti. O forse
era contento e convinto di collaborare a un giusto repulisti.
Mario
Dellacqua
Ecco il testo integrale dei discorso di Himmler dell'ottobre 1943.
RispondiElimina"Vi parlerò qui con grande franchezza di un argomento molto serio. Dobbiamo ora discuterne apertamente tra di noi, ma non di meno mai accennarne in pubblico, così come non abbiamo parlato e non parleremo mai di quando il 30 giugno (1934) abbiamo eseguito senza esitare il dovere che ci era stato ordinato, mettendo al muro i camerati traditori e fucilandoli. E’ stata una forma di discrezione per noi ovvia, grazie a Dio, quella che ci ha spinto a non discuterne mai, a non accennarvi mai. La cosa ha fatto rabbrividire tutti, ma tutti sapevano che l’avrebbero rifatto se avessero ricevuto l’ordine e fosse stato necessario.
Mi riferisco alla evacuazione degli ebrei, allo sterminio del popolo ebraico. Si tratta di una di quelle cose che sono facili da dire. “Il popolo ebraico deve essere sterminato” sostiene ogni membro del partito. “E’ chiaro, è parte del nostro programma, la eliminazione degli ebrei, lo sterminio, ebbene, lo faremo”. Ma ecco che vengono tutti, gli 80 milioni di buoni tedeschi, e ognuno ha il suo ebreo decente da segnalare. Certamente gli altri sono maiali, ma questo è proprio un ebreo speciale. Di tutti coloro che parlano così nessuno ha dovuto assistere, nessuno ha dovuto sopportare. La maggioranza di voi sa che cosa significhi vedere cento cadaveri che giacciono insieme, cinquecento o mille. Essere passati attraverso tutto ciò e, a parte qualche caso, esempio di debolezza umana, essere rimasti decenti, questo ci ha reso duri. Questa è una pagina gloriosa nella nostra storia che non è mai stata scritta né sarà mai più scritta in futuro".