mercoledì 27 gennaio 2016

27 gennaio: i carnefici italiani


La sera del 5 dicembre 1943, il giovane pianista Arturo Benedetti Michelangeli suona al Teatro La Fenice di Venezia. In quelle stesse ore, polizia, carabinieri e volontari del ricostituito Partito fascista – i carnefici italiani – compiono in città una delle maggiori retate di ebrei nella penisola dopo quella condotta dai tedeschi a Roma il 16 ottobre. Sulla base del censimento della popolazione di “razza ebraica” condotto a partire dal 1938, oltre centocinquanta tra uomini, donne, vecchi e bambini vengono stanati dalle loro case e tradotti alle locali carceri. Nei giorni successivi i loro beni vengono sequestrati, gli appartamenti sigillati o destinati ad altri italiani. I prigionieri saranno poi trasferiti a Fossoli di Carpi, il principale campo di transito degli ebrei nella Repubblica sociale, gestito da forze italiane. Qui saranno detenuti in condizioni precarie e, quindi, caricati su vagoni piombati – dopo la consegna in mani tedesche – su cui verranno condotti alla morte nel campo di sterminio di Auschwitz.

Questi eventi si ripeterono in modo analogo, tra l’autunno del 1943 e la primavera del 1945, nelle principali città e in una miriade di piccoli paesi del centro-nord della penisola italiana. Perché si tende ancora a rimuovere il ricordo di queste vicende, mentre prevale quello dei “salvatori” e dei “giusti”? Perché raramente si ricorda che almeno metà degli arresti di ebrei fu condotta da italiani, senza ordini o diretta partecipazione dei tedeschi? Perché ancora oggi spesso si sostiene che l’Italia e il fascismo siano rimasti “al di fuori del cono d’ombra dell’Olocausto”? Perché si preferisce celebrare il mito del “bravo italiano” e si dimenticano i carnefici italiani: uomini e donne che parteciparono al genocidio degli ebrei? Settant’anni dopo le deportazioni degli ebrei dall’Italia, questo libro cerca di dare risposta a domande scomode.
“In queste pagine vogliamo raccontare chi, in quali contesti, con quali motivazioni e in che modo partecipò nel nostro paese al genocidio degli ebrei. E vogliamo farlo mettendo in primo piano i carnefici, dopo che negli ultimi anni troppo spesso si è parlato soltanto dei salvatori, correndo così il rischio che sulla scena appaiano solo le vittime e i giusti e restino invece in modo crescente, se non definitivamente, nell’ombra i persecutori."

Tratto da "I carnefici italiani. Scene dal genocidio degli ebrei, 1943-1945"

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