Mattinata intrigante al Prever, ospite il prof. Marco Braico,
fisico e juventino che, attraverso i suoi libri rivisita il suo viaggio
all'inferno della malattia e ritorno. I punti di approdo del suo bildungsroman sono forse riassumibili in poche parole e ci
provo: riscoperta del valore della vita anche quando sepolta o nascosta tra le
pieghe (e le piaghe) di una quotidianità altrimenti mal sopportata nel suo
monotono grigiore; riconciliazione serena con i propri limiti e combattività
per superarli anche a costo di arrivare solo alla metà di tutto (lui chiama
pazzia questa resistenza alla sfiga); ricerca di relazioni solidali e gratuite
come via della possibile felicità (lui dice che di fronte alla morte il
portafoglio non conta più, ma se è un modo per dire che la ricchezza non fa la
felicità, figuriamoci la sfiga della povertà).
E visto che siamo tutti
scrittori perchè ci mandiamo tanti messaggini equivalenti a tre romanzi al mese
e visto che in quei messaggini c'è tanta umanità, abbracciamoci. E ci siamo
abbracciati cazzo.
La provocante e gigiona istrioneria di Braico, tipica del
vecchio insegnante pateticamente e disperatamente pronto a studiarle tutte pur
di ridurre le distanze che lo separano dai suoi studenti, non si ferma di
fronte alla volgarità e al turpiloquio. E siccome col cazzo diventiamo tutti
più sinceri, non teme di sconfinare nel greve: forse pensa in questo modo di
imprimere maggiore efficacia comunicativa alla “positività” del suo messaggio.
Io però sono un po' lì che non so. Non è vero che gli studenti
non si abbracciano. Sanno benissimo chi abbracciare. Sì, forse dovremmo
abbracciarci di più, ma una più intensa terapia dell'abbraccio non si diffonde
per decreto ministeriale. E perchè Braico vuole che la gente si abbracci di più
se diffida di tutti al punto di pretendere di consegnare lui Tv, monitor e
lenzuola colorate agli ospedali che aiuta con i proventi dei suoi libri? Se il
variegato mondo del volontariato nutrisse la medesima diffidenza preventiva,
non ci sarebbe nessuna Libera, nessuna Emergency, nessuna Croce Rossa, nessuna
Caritas, nessun medico senza frontiere. E che cazzo, un po' più di positività.
Non siamo tutti circondati da lupi e da squali. Ci sono anche tanti colibrì che
fanno la loro parte senza nessuna gratificazione pubblica.
E a proposito di volontariato, Braico dice che bisogna andarci
piano perchè finisce di caricare sulle sue spalle il costo di interventi di
sostegno dei più deboli o di assistenza dei malati che dovrebbero invece essere
garantiti dallo Stato. Interessante, ma allora perchè raccogliere fondi da
destinare al ripristino delle tutele e delle prestazioni sanitarie tagliate dai
governi? Le risorse della solidarietà vanno attivate per difendere la civiltà
di un popolo, ma se un malintenzionato aggredisce un mio amico e gli rompe i
denti, io partecipo alla colletta per pagargli il dentista stavolta, ma la
prossima volta mi preoccupo di fermare l'aggressore e di disarmarlo. Così
dovremmo disarmare i governi che oggi chiudono un ospedale a Pomaretto, domani
un reparto a Carmagnola, dopodomani un altro a Moncalieri. Presto anche
Pinerolo sarà interessata da analoghi provvedimenti restrittivi. I sindaci del
pinerolese hanno invitato le popolazioni a manifestare la loro disapprovazione:
il pomeriggio del 10 ottobre solo tremila persone sono intervenute. Avremmo
dovuto essere decine di migliaia.
Mettiamola pure in positivo e non lasciamoci scoraggiare, però
non raccontiamoci balle e non somministriamoci episodi edificanti e
consolatori. Muoversi o commuoversi? La vita è bella anche nei lager, ma solo
nella favola di Benigni. Il male, la morte e il dolore sottoforma di malattia o
di ingiustizia sociale fanno parte della vita. Rimuoverne la compagnia è
impossibile. Essa può comparire quando meno te lo aspetti a graffiare e
guastare il lieto fine.
Speriamo che la morte ci sorprenda vivi. Forse sbaglio, ma
suggerisco di non aspettarla aspettando dagli altri un mondo di buoni esempi.
Meglio imparare a governare i piccoli conflitti normali della vita quotidiana e
i grandi conflitti straordinari dell'età contemporanea con il linguaggio del
rispetto, con relazioni solidali, con l'impegno partecipativo, con l'apertura
verso quel goccio di verità nascosto in tanti pareri scomodi, con la fatica dei
testi argomentativi. Non con la scorciatoia degli insulti o delle battute
liquidatorie e sprezzanti tanto di moda oggi.
Mario DELLACQUA
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