martedì 20 dicembre 2016

LA PRETERIZIONE DI PIERRE CARNITI

“Ma chi era Pierre Carniti?”.
La domanda di Laura il 13 dicembre scorso a None è un bel risultato raggiunto dall'incontro “non” organizzato per ascoltare gli interventi di Romano Prodi, Pierre Carniti e Raffaele Morese. L'ex Presidente del Consiglio e i due leader della Cisl hanno presentato il 6 dicembre a Roma il libro “Pensiero, azione, autonomia”.
All'angolo di via Roma 11 si è potuto raccontare che dagli anni '60 in poi l'uguaglianza sociale e l'unità sindacale sono state l'obiettivo di un ciclo memorabile di lotte operaie e giovanili: Pierre Carniti ne fu protagonista tra i più determinati e lungimiranti, capaci di “tenere insieme la prosa dell'azione sindacale con la poesia degli ideali”, come ha scritto lo storico Giuseppe Bianchi .
Essere fedeli all'attualità di questo impegno significa fare i conti con una domanda tremenda e inesorabile: come dare lavoro a quanti lo richiedono? Certo, bisogna tener conto delle mutate circostanze. Essere disoccupati oggi non vuol dire morire di fame come poteva capitare ai nostri nonni, ma vuol dire sempre subire una pesantissima esclusione.
Carniti non si nasconde le difficoltà e il suo approccio si conferma costruttivo ma non accomodante. Sì, perchè non risparmia critiche al governo: le misure introdotte per snellire l'incontro fra domanda e offerta sul mercato del lavoro “con interventi, tanto enfatizzati quanto ininfluenti” sono capaci di funzionare, “per ben che vada, al massimo” come “dei semplici placebo”. D'altra parte, i ritmi asfittici degli investimenti pubblici e “la crescita annua dello zero virgola” non sono “in grado nemmeno di compensare i posti di lavoro che si perdono per l'effetto del sempre maggiore impiego dell'informatica, della robotica, dell'automazione”.
Ma il generale non sconfitto della guerra perduta (come lo chiama Giuseppe Bianchi) non risparmia critiche neppure alla  linea sindacale perchè, di fatto, esclude finora dall'orizzonte delle sue elaborazioni precongressuali la prospettiva della riduzione dell'orario di lavoro e la sua redistribuzione fra tutti coloro che lo cercano. Pierre Carniti sostiene che questo punto decisivo non è “offuscabile con discorsi blablatici”. Nel suo documento precongressuale, la Cisl si chiede “come redistribuire il lavoro” e come “ottenere il miglior risultato possibile dalla combinazione fra lavoro umano e lavoro robotizzato”, ma proietta la sua scommessa sulle magnifiche sorti e progressive della “Industry 4.0”, sul suo “riassetto morfologico, strutturale, dimensionale” e sulla “possibilità straordinaria” che “la crescita delle forze produttive” offre al sindacato e alla sua strategia di valorizzazione “della centralità creativa e partecipativa del lavoro nella nuova organizzazione produttiva”.
Carniti si guarda bene dall'indicare le modalità contrattuali e legislative per realizzare sugli orari significativi interventi redistributivi del lavoro. Non vuole interferire nella vita della Confederazione che, pure, al Congresso confederale del 1985 lo ha nominato membro a vita del Consiglio generale, esattamente come un parroco allontanato dalla sua parrocchia non vi torna “neppure per confessare”. L'abile preterizione (dire di non voler fare una cosa mentre la si fa) è stata accolta dai partecipanti all'incontro romano con un caloroso applauso. Speriamo che non assomigli all'accoglienza entusiasta che i  parlamentari riservarono a Giorgio Napolitano appena rieletto Presidente della Repubblica, spellandosi le mani ogni qualvolta lui li prendeva a pesci in faccia per strapazzare la loro inconcludente e paralizzante litigiosità.


Mario Dellacqua

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