In
un messaggio su FB del 20 dicembre, il ViceSindaco di None (PD)
scrive che “il
ministro Poletti dovrebbe fare solo una cosa: dimettersi. Anche di
lui non sentiremo la mancanza”.
Non
è chiaro quali dichiarazioni abbiano mandato in bestia il
ViceSindaco. Si tratta di indignarsi per la soddisfazione del
Ministro del Lavoro nel caso centomila giovani se ne fossero andati
dall'Italia, come fa anche Steven Forte che su “L'Unità” parla
di uscita “cafona, volgare e altezzosa”? “Intanto
- ha sostenuto Giuliano Poletti - bisogna
correggere un'opinione secondo cui quelli che se ne vanno sono sempre
i migliori. Se ne vanno 100mila, ce ne sono 60 milioni qui: sarebbe a
dire che i 100mila bravi e intelligenti se ne sono andati e quelli
che sono rimasti qui sono tutti dei 'pistola'?”.
L'indignazione
nasce perchè Poletti ha detto di conoscere “gente che è andata
via e che è bene che stia dove è andata, perchè sicuramente questo
paese non soffrirà a non averli più fra i piedi”? In ogni
caso, la ribellione di Bori è ingiustamente smisurata. Infatti
Poletti ha subito aggiunto che è “un bene” se “i
nostri giovani hanno l'opportunità di andare in giro per l'Europa e
per il mondo. E' un'opportunità di fare la loro esperienza, ma
debbono anche avere la possibilità di tornare nel nostro paese.
Dobbiamo offrire loro l'opportunità di esprimere qui capacità,
competenza, saper fare”.
Affermazioni del tutto condivisibili,
specie se si considerano le sue scuse per altre intemperanze del
linguaggio (Poletti ha parlato dei “pistola”, ma ormai,
nel sacro proposito di combattere il populismo, al Pd hanno sdoganato
anche i fondi schiena e usano il medesimo repertorio lessicale. A
Giachetti “è partita la frizione”).
Piuttosto,
altre affermazioni del ministro potrebbero suscitare motivata
disapprovazione. Per il ministro, infatti, il Jobs Act “è
stata una buona legge” che “ha fatto bene e fa bene al
paese”. Poletti non vede ragioni per cui il governo debba
intervenire, salvo anticipare le elezioni politiche per stroncare il
referendum della Cgil.
Il
titolare del Lavoro dovrebbe tener conto che
nei
primi dieci mesi di quest'anno “sono
stati venduti 121,5 milioni di voucher, con un incremento del 32,3%
rispetto al 2015, quando erano già cresciuti del 67,6%”. Dario
Di Vico ha invitato il Ministro a “una
pacata riflessione sulle tendenze dell'occupazione nel 2017”
e ha ricordato come “gli
under 35 siano il maggior serbatoio di consensi del M5S”.
Bankitalia
“nel
2015 attribuisce alla maggior libertà di licenziamento introdotta
dalla nuova normativa soltanto il cinque percento dell’aumento
totale delle assunzioni a tempo indeterminato”.
Come mai? “La
precarizzazione dei contratti può forse indurre le imprese ad
assumere lavoratori nelle fasi di ripresa economica, ma consente loro
di liberarsi facilmente di quegli stessi lavoratori nei periodi di
crisi: alla fine, tra creazione e distruzione di posti di lavoro
l’effetto netto delle deregolamentazioni sull’occupazione risulta
essere pressoché nullo”.
Questi
dati non smuovono il Ministro del Lavoro. Speriamo che attirino
l'attenzione del viceSindaco di None.
Vedi
S. FORTE, Umiliati
e offesi,
“L'Unità”, 20 dicembre 2016, p.10; E. BRANCACCIO (Università
del Sannio)-N. GARBELLINI (Università di Bergamo)-R. GIAMMETTI
(Università Politecnica delle Marche), Econopolys, 19 dicembre 2016;
D. DI VICO, Poletti
faccia il ministro,
“Corriere della Sera”, 20 dicembre 2016, p.32.
Dall'angolo
di via Roma 11 Mario Dellacqua
COMUNICATO
N. 86, 20 dicembre 2016
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