Uno
vorrebbe proprio evitare la retorica dell'autocommiserazione, ma
capelli bianchi, occhi piccoli e quasi tutti quasi cotti appena dopo
le undici. E' che non abbiamo più vent'anni come allora ma quella
tragedia sociale – Piero parlava in quegli anni di apocalisse
operaia -
ci è caduta addosso e ogni tanto ce la troviamo viva – non sotto
forma di fantasma o di incubo – e irrisolta nell'anima come se
fosse stata l'anticipazione di una infernale Lampedusa filosofica.
Piero ne sa qualcosa e ci attira a casa sua per
discutere il suo libro sui 61 licenziati della Fiat nel 1979 con
l'introduzione di Claudio Canal e fette di salame, dolci, bibite e un
vigliacchetto rosso.
L'intenzione è quella di curare ferite mal
cicatrizzate? Non so. Certo è che Claudio le fa sanguinare
copiosamente. Prima ci importuna con i misteri dolorosi di un rosario
di date ed eventi che rammentano come nel 1979 imperialismo e
socialimperialismo non fossero invenzioni dei marxisti, così come il
terrorismo non era un complotto dello Stato. Poi sbatte sul muro uno
spot della Fiat ripescato dal 2010 dove Marchionne riprendeva un papà
che racconta al bambino in braccio la ninna nanna di un futuro
torinese e italiano fatto di tante automobili ancora in elevata
quantità e competitiva qualità, in arrivo all'orizzonte con una
scorpacciata di occupazione, benessere e rinnovata sicurezza. Nel
2010, dice Claudio, in piena crisi, non nel 2005.
E'
l'irrilevanza del linguaggio, direbbe Vittorio Foa. E sprofondiamo
nel carnevale furibondo dell'Italia di oggi, dove le imprese sono
soffocate dall'art.18, i metalmeccanici sono garantiti e
privilegiati, i capitalisti sono oppressi dal massimalismo sindacale,
gli evasori fiscali sono perseguitati, i registi delle frodi sono
spediti davanti al plotone d'esecuzione, la disoccupazione si spiega
con una misurabile fannulloneria di giovani bamboccioni refrattari al
dovere di fare gli imprenditori di se stessi. E' una storia vecchia:
“La colpa seguirà la parte offensa
in grido come suol..”
Nella
serata irrompe la finanziarizzazione, il capitale fittizio con
l'ombra lunga delle delocalizzazioni e della flessibilità che ingoia
diritti senza restituire lavoro. “Se
il dominio del capitale ci appare onnipotente
– dice Claudio – possiamo tirare
giù la serranda”.
“Agli inizi del millennio l'Italia
era, dopo la Germania, il paese europeo con la più forte e diffusa
manifattura. E' vero che i poteri degli stati nazionali sono stati
erosi, ma ci sarà pure qualche margine per una diversa politica
industriale o no?” chiede
Michele Di Gerardo.
Il
primo quesito ci porta in basso e chiede se c'è la possibilità di
scalfire i meccanismi del potere con l'attività militante e la
mobilitazione sociale. Il secondo quesito ci porta in alto e chiama
in causa il ruolo dei governi e dei poteri pubblici. “Il
movimento sindacale sarà sempre tagliato fuori anche in Italia se
non darà alla sua iniziativa una dimensione europea”
dice Franco Milanesi.
Sono
contento della serata – inventata nella forma a me sconosciuta
della presentazione domestica – perchè mi ha permesso di
riflettere con vecchi amici senza paura delle diversità delle
ispirazioni, degli interessi e dei linguaggi. Alcuni sono vecchi
amici da un quarantennio e fischia. Non sono prigionieri di vecchie
illusioni, non intendono fabbricarne di nuove, non pretendono di
guidare la riscossa, ma sono – ciascuno a modo suo - alla ricerca
di un pensiero e di un modo collettivo per migliorare la vita
quotidiana.
Mario
Dellacqua
PIERO
BARAL, Niente
di nuovo sotto il sole...I 61 operai della Fiat licenziati nel 1979 e
le fortune (?) dell'automobile, Prefazione
di Diego Giachetti, PonSinMor Edizioni, Torino 2003, pp.169, euro 15
il libro si può scaricare in pdf dal link
RispondiEliminahttp://www.pinographic.altervista.org/fiat61.htm
ciao
piero