Nell'ottobre del 1979, Piero
Baral veniva licenziato dalla Fiat insieme con altri 60 dipendenti accusati di
comportamenti sleali e lesivi per l'efficienza produttiva dell'azienda.
L'accusa più grave legava al terrorismo l'insubordinazione contestata ai
lavoratori oggetto del provvedimento. 35 anni dopo, Piero celebra
l'anniversario cercando un'aggiornata interpretazione di quell'evento che segnò
una svolta nella sua esperienza politica e nella sua vicenda umana, sempre
intimamente legata a quella fase turbolenta delle lotte operaie.
“L'economia va a rotoli, la crescita
ristagna, la miseria cresce, la guerra dilaga, le rivolte si diffondono. Il
capitale internazionale impone agli stati manovre economiche "lacrime e
sangue" per risanare i bilanci pubblici, suscitando in cambio la
ribellione del proletariato e delle mezze classi rovinate. L'Italia, il
capitalismo più antico del mondo, è praticamente in vendita”.
Anni
Settanta
Le BR, Prima Linea ed altri gruppetti progettano attentati
contro uomini politici e imprenditori. Intendono con ciò dare una svolta
“rivoluzionaria” al paese, per chiarire ai proletari di cui pensano di essere
la punta avanzata – e per ora inascoltata – l’impossibilità di conquistare
condizioni migliori di vita senza lottare per prendere il potere, con la lotta
armata e la militarizzazione dello scontro sociale. Vengono indicati come
terroristi.
Uccidono per ora singoli individui,
rappresentanti delle aziende e dello stato.
La risposta tarda a venire ma sarà
fortissima. Inizia la Fiat con un sapiente uso dei mass media ( la classe
dominante indirizza le reazioni dell’opinione pubblica - che ha visto le strade
insanguinarsi per anni), contro i lavoratori più combattivi. Si decide a
ottobre 1979 di rappresentare sui giornali e le TV la cacciata di 61
indesiderabili..
Accusati subito di essere fiancheggiatori
in fabbrica del terrorismo, vengono additati genericamente di infedeltà ai
principi dell’azienda: il pretore sentenzia che il licenziamento è nullo e
allora la Fiat li licenzia di nuovo con delle motivazioni individuali. Nessuno
rientrerà in fabbrica. Intanto si scatena il dibattito nel paese, il sindacato
è diviso, il PCI complice nella individuazione dei “61”. Il tam tam mediatico
dura mesi, intanto si sono progressivamente interrotte le azioni delle BR, che,
isolate dalla campagna di massa sindacale e del PCI, presto saranno sconfitte
sul campo dalla Digos e dai delatori e pentiti. Hanno forse raggiunto il loro
scopo: il potere rivela la sua faccia dura e coinvolge ‘sinistra politica’ e
sindacato. Nell’80 si arriva al licenziamento di massa (23mila lavoratori) a
Torino nelle aziende Fiat , dopo un simbolico presidio ai cancelli di un mese
fermato dalla reazione dei dirigenti con la reclamizzata “marcia dei capi”.
Comincia
l’apocalisse operaia
[Collegai
allora la campagna mediatica sui ‘61’ alla contemporanea ( a novembre 1979)
presa in ostaggio di 52 americani in Iran dell'ambasciata a Teheran trattenuti
444 giorni , da parte del regime di Komeini, in una operazione di braccio di
ferro con gli USA per chiedere la consegna dello Scià. http://www.linkiesta.it/quando-scoppio-la-guerra-tra-iran-e-stati-uniti]
Da quegli anni è passato un trentennio e
l’azione di governi, finanzieri e banche, pur in guerra al loro interno, si fa
concertata. Neoliberismo: esaltazione del libero mercato e riduzione del
peso dello Stato nella vita economica; globalizzazione: degrado
ambientale, aumento delle disparità sociali, perdita delle identità locali,
riduzione della sovranità nazionale e dell'autonomia delle economie locali e
diminuzione della privacy; dal 2008 pesante crisi finanziaria, originata
negli Stati Uniti, poi diffusasi in tutto il mondo - manifestatasi come
recessione, ha gradualmente assunto un carattere globale e perdurante (
cointeressando negli ultimi tempi anche la Cina o l'India) fino ai nostri
giorni-. Tutto ciò ha finito per mettere a tappeto progressisti e sindacato.
Arriva la possibilità del pensiero unico mentre in Italia il PCI è ormai
diventato un partito di centro e di governo, dopo gli anni Ottanta di Craxi e
il ventennio berlusconiano.
Non si è trattato di complotti ma di
determinata gestione delle contraddizioni quotidiane, di prevenzione del
conflitto, di divisione e sterilizzazione della classe. I milioni di posti di
lavoro progressivamente perduti spesso sono stati vissuti e metabolizzati da
milioni di persone in carne ed ossa come drammi privati e naturali. Le campagne
continue sulla sicurezza o sugli sbarchi dei clandestini sono alcuni degli
esempi di questo lavaggio del cervello di una società che invecchia, che si
sente assediata – intanto ci troviamo il Jobs Act di Renzi e la disperata
risposta di Landini… che minaccia l’occupazione delle fabbriche (forma di lotta
sconfitta anche negli anni Venti del secolo scorso, quando gli operai difendevano
le fabbriche con le armi).
Piero Baral - ottobre 2014
“Il fascismo nasce per coinvolgere la
classe operaia, non per distruggerla; mai, nell'epoca fascista o
tardo-imperialista, il potere borghese si è sognato di alienarsi il
proletariato. Lo sterminio di quest'ultimo e la distruzione di capitale
costante nelle guerre è un fatto, ma è un prodotto della storia che precede,
non certo di un fattore scatenante connesso alla volontà della borghesia”.
http://www.internazionale.it/articolo/2014/10/27/reparti-confino-in-italia-9
RispondiEliminaBenché se ne parli poco, in Italia esistono ancora i reparti confino, proprio come nella Fiat degli anni cinquanta, quella di Vittorio Valletta. Sono i reparti in cui vengono relegati, spesso dopo essere stati demansionati, i dipendenti ritenuti “facinorosi”, “ingovernabili”, “ingestibili”. Hanno la forma di palazzine non ristrutturate, o di spogli magazzini, o di uffici fino ad allora disadorni e che tali rimangono.