L'ex Sindaco Viroglio |
Non
sono sicuro, ma non sono molti i libri che studiano la Resistenza in
pianura. E nessuno ricostruisce la Resistenza a None, mentre
abbondante è la produzione di ricerche sulla Resistenza in montagna,
nelle città e nelle fabbriche. Lì la linea di divisione era più
visibile e più lacerante. Ma in tanti paesi della pianura come None,
le superfici di contatto tra i due campi in mortale competizione
erano meno eccezionali e può sollevare sorpresa o addirittura
indignazione la smentita dello stereotipo: ogni cascina, cortile,
stalla, negozio o mulino doveva imparare a convivere di volta in
volta con tedeschi, partigiani e repubblichini di Salò. L'odio per i
tedeschi era prevalente, ma l'arrivo di chiunque si presentava per
reclamare viveri, scarpe, coperte, benzina, polli, mucche o maiali
metteva a dura prova la resistenza di chiunque, anche se ben
intenzionato a soppesare le differenze fra gli uomini della dittatura
e i combattenti della libertà.
Di
qui l'idea molto cara a una destra insidiosa e ancor oggi popolare
secondo la quale i partigiani erano anche loro un po' fascisti perchè
usarono la violenza. O piuttosto opportunisti perchè rubagalline
nella favorevole confusione della borsa nera. O piuttosto
voltagabbana come il peggio degli italiani, pronti a tradire non
appena il vento cambia direzione. O irresponsabili avventurieri che
esponevano i villaggi alle rappresaglie con le loro incursioni,
mentre sarebbe stato più saggio attendere la liberazione dagli
eserciti e non dai popoli. O arrivisti perchè approfittarono della
visibilità acquisita durante la guerra per rimediare un posto in
Parlamento.
Questa vulgata serpeggiante anche dalle parti del Chisola (e in Italia oggi autorevolmente interpretata dalle opere di Pansa) produsse a None l'idea che la banda partigiana di Michele Ghio fosse guidata da un sapiente regista del doppio (se non triplo) gioco. Come ci racconta il libro di Simone Baral e di Matteo Comello, Ghio era commissario prefettizio (cioè un uomo al servizio del regime fascista). Ma, contemporaneamente, era fiduciario di un agente segreto inglese come Pat O'Regan, (cioè un uomo agli ordini degli alleati). E, per completare i connotati di una pessima carta d'identità, Ghio era anche, di fatto, luogotenente in pianura di Giulio Nicoletta, comandante della 43° Divisione autonoma “Sergio De Vitis” (cioè un uomo controllato dalle formazioni partigiane). Ne esce un quadro della Resistenza a tinte fosche e cariche di ambiguità, aggravato dalla non troppo sotterranea competizione, ingloriosamente divampata nei primi mesi del 1945 fra “Giustizia e Libertà” e la 44a Divisione Alpina Autonoma di Maggiorino Marcellin (Bluter), per l'egemonia in pianura diventata strategica nel controllo dei flussi di rifornimenti in armi e in viveri assicurati dagli aviolanci notturni. A garantirne l'effettuazione era la rischiosa assistenza allestita nei boschi della “Crupa” a None dalla brigata “Michele”, solo dopo il 25 aprile dedicata alla memoria del giovane caduto Edoardo Dabbene.
Questa vulgata serpeggiante anche dalle parti del Chisola (e in Italia oggi autorevolmente interpretata dalle opere di Pansa) produsse a None l'idea che la banda partigiana di Michele Ghio fosse guidata da un sapiente regista del doppio (se non triplo) gioco. Come ci racconta il libro di Simone Baral e di Matteo Comello, Ghio era commissario prefettizio (cioè un uomo al servizio del regime fascista). Ma, contemporaneamente, era fiduciario di un agente segreto inglese come Pat O'Regan, (cioè un uomo agli ordini degli alleati). E, per completare i connotati di una pessima carta d'identità, Ghio era anche, di fatto, luogotenente in pianura di Giulio Nicoletta, comandante della 43° Divisione autonoma “Sergio De Vitis” (cioè un uomo controllato dalle formazioni partigiane). Ne esce un quadro della Resistenza a tinte fosche e cariche di ambiguità, aggravato dalla non troppo sotterranea competizione, ingloriosamente divampata nei primi mesi del 1945 fra “Giustizia e Libertà” e la 44a Divisione Alpina Autonoma di Maggiorino Marcellin (Bluter), per l'egemonia in pianura diventata strategica nel controllo dei flussi di rifornimenti in armi e in viveri assicurati dagli aviolanci notturni. A garantirne l'effettuazione era la rischiosa assistenza allestita nei boschi della “Crupa” a None dalla brigata “Michele”, solo dopo il 25 aprile dedicata alla memoria del giovane caduto Edoardo Dabbene.
Un momento della serata |
Come
ha più volte sottolineato Marco Comello, la presenza di una simile
banda, composta di partigiani part
time, quotidianamente alle prese con
la minaccia delle ambiguità imposte dal particolare contesto
pianurale, poteva considerarsi un miracolo.
Per
questi motivi, rispetto, ammiro e difendo la figura e l'opera di
Michele Ghio uomo della Resistenza. Di giorno tesseva con i
nazifascisti una rete di mediazioni protettive della popolazione. Di
notte organizzava gli aviolanci, come ci hanno confermato le
testimonianze di due ex Sindaci di None come Giuseppe Viroglio e
Domenico Bastino. Primo, non so chi, al suo posto, avrebbe saputo
fare di meglio. Io no di certo. Secondo, vorrei che i suoi sommersi
critici dicessero che cosa hanno fatto nell'Italia repubblicana per
preparare un ceto politico e un tessuto democratico più coraggioso,
meno compromesso, più battagliero, più onesto, più limpido e più
competente: d'altra parte, nel dopoguerra, nessun tedesco come Cronis
ci minacciava con la rivoltella e non era necessario tener conto del
contesto per poter aprire bocca e camminare a schiena dritta.
Sulle
rive del Chisola, la partecipazione democratica alla lotta politica,
l'impegno sindacale, la militanza di partito è stata oggetto di
derisione, paura o disprezzo: un contagio dal quale stare alla larga
per non contrarre la malattia che porta a impicciarsi di cose sporche
e degli affari altrui. L'indifferenza e la sordità travestite da
neutralità sono spacciate come una forma di moralità superiore.
Questa idea tipicamente fascista è oggi vincente e striscia
trionfante e libera nell'affabulazione leghista, berlusconiana,
renziana o grillina: il mascellone di Predappio ha saputo prendersi
la sua vendetta postuma e in ogni schieramento riscuote senza trovare
soverchie opposizioni una percentuale lusinghiera di applausi, di “mi
piace” e di condivisioni.
Terzo,
non dobbiamo temere di esplorare le ambiguità della Resistenza,
perchè quello di svelarle, rivelarle e comprenderle invece di
censurarle è l'unico modo per salvare lo spirito di un grande
movimento che fu capace di prepararci le condizioni della libertà,
del benessere e della pace, pur nel carattere numericamente
minoritario, politicamente eterogeneo nelle sue ispirazioni,
socialmente contraddittorio nella sua composizione umana.
Indaghiamo
pure debolezze e fragilità altrui, ma non perdiamo di vista il
nostro dovere. Non avremmo avuto la Repubblica se le minoranze attive
e consapevoli, invece di gettarsi nella lotta con i loro difetti,
avessero aspettato che la maggioranza si depurasse dei suoi. Una
volta imparato che nessuna conquista è definitiva e sicura, la
lezione è la solita: non avremo giorni migliori senza lotta sociale
e senza impegno politico. Anche part
time.
Mario
Dellacqua
SIMONE
BARAL – MATTEO COMELLO, Pat
O'Regan, Michele Ghio e gli altri. Un agente segreto tra i partigiani
di None e dintorni, Edizioni
Artemide,
Roma 2014, euro 15.
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