TRA GATTI E BICICLETTE
E' stata la curiosità di scoprire la vita in bicicletta di Margherita Hack a spingermi verso la lettura della sua recente autobiografia. Desiderata da bambina, ottenuta con i successi scolastici al Liceo, tradita con la Ducati ,
la Topolino e la 1100 Fiat quando arrivarono gli agi della cattedra universitaria, ritrovata con gli anni di una serena maturità, la bicicletta dell'astrofisica nata nel 1922 mantiene le sue promesse.
“La
sensazione di libertà di immedesimarsi nella natura, di correre con il vento in faccia e tra il profumo dei fiori e dell'erba – scrive l'autrice – solo la bicicletta può darla. In bici si ha il tempo di vedere il paesaggio, di scorgere la lucertola che quasi ti taglia la strada, di sentire il canto assordante delle cicale e quello più armonioso dei grilli”. Personalmente,
non
sono
riuscito
mai
a
spiegarmi
dove
le
lucertole
e
i
gatti
abbiano
rubato
l'istinto
che
li
porta
a
ritrarsi
sul
ciglio
della
strada
e
a
interrompere il loro abusivo attraversamento pedonale non appena avvertono il sopraggiungere delle nostre ruote.
Chi diavolo glielo ha insegnato a tornare indietro con quella prontezza così ben calcolata? Gli animali che trovano sull'asfalto sbudellati da vetture troppo veloci?
In effetti, la bici regala benessere fisico, rigenera le sopite inclinazioni meditative, cura i dispiaceri, calma le pulsioni
vendicative,
riconcilia
con
la
natura,
ridimensiona i conflitti, educa all'umiltà delle sfide perdute, facilita il silenzio e l'urlo che non disturba.
Sul resto, il libro rappresenta invece una cocente delusione. Beninteso, non rimprovero alla Hack la sua partecipazione ai Giochi della Gioventù del Littorio del 1941, quando vinse nella disciplina del salto in alto e del salto in lungo e pronunciò il giuramento di fedeltà alla patria fascista. Eppure lei era antifascista. A scuola era stata sospesa come disfattista per aver disapprovato la vergogna delle leggi razziali del 1938. “Se fossi stata veramente coerente avrei dovuto rifiutare. Ma l'onore era grande”. Proprio
non
è
il
caso
di
salire
in
cattedra.
Tutti
sappiamo
che
il
riscatto
del
popolo
italiano
dal
fascismo
maturò
con
la Resistenza solo al termine di un percorso lento e contraddittorio di sofferenze e disillusioni a catena.
No. Piuttosto, rimprovero ad Hack di essere stata molto avara nella sua testimonianza sugli anni della guerra e di aver scritto queste righe: “Fu un triste febbraio quello del 1943 perchè avevo perso quello che era stato il mio amico e compagno di studi da quando facevo la prima ginnasio”. Margherita
Hack
si
riferisce
a
Cicino,
il
gatto
soriano
che
scomparve
lasciando
la
sua
padrona
nella
costernazione, forse perchè “quello era il terzo anno di guerra, la gente aveva fame, Cicino era bello e grasso”.
La venerata astrofisica potrebbe avere successo se raccontasse così la guerra ad una trasmissione di Maria DeFilippi. Ma gli ascoltatori adolescenti dei pomeriggi televisivi berlusconiani non avranno questo raro privilegio perchè, purtroppo, Margherita Hack è notoriamente comunista e quelle porte per lei saranno sempre chiuse. Mille volte meglio il nostro Giuseppe Nicola.
Mario
Dellacqua
M. HACK, La mia vita in bicicletta, Edicicloeditore, pag. 146, euro 14,50
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