Ce l'hanno già spiegata quando abbiamo dovuto incominciare a masticare qualcosa di biomasse: gli impianti per la produzione di corrente elettrica sono opere di pubblica utilità, urgenti e indifferibili. Pertanto, possono essere ubicate anche in aree considerate agricole dai vigenti piani urbanistici. Ce lo ripete la delibera con cui la Giunta comunale del 22 dicembre si occupa della richiesta di una équipe di agricoltori locali di insediare un impianto a biogas in località Cascina Essa.
Venti anni fa il Consiglio comunale respinse la proposta di destinare la stessa area alla rilocalizzazione del Macello di None. Alla decisione di dire di no il Consiglio pervenne dopo le laceranti sedute del 25 maggio e del 1 giugno 1992 che sboccarono prima in una drammatica crisi della Giunta e poi nelle dimissioni del Sindaco di allora.
I favorevoli dicevano: “In un periodo di crisi economica come l'attuale non ci sentivamo di rinunciare a cinquanta o sessanta posti di lavoro(..) Collocare in una zona agricola un'industria operante nel settore alimentare non può essere che di stimolo all'attività agricola stessa” e “non bisogna soffocare l'imprenditoria, ma porsi con essa in termini di confronto costruttivo”.
L'impresa in questione “era ben inserita nel tessuto sociale e nella storia della comunità nonese” e l'attività di un'azienda “sana” non andava “strozzata”, ma orientata dalla programmazione pubblica al rispetto di vincoli ben precisi, capaci di trovare “un punto di intesa fra il bene dell'uno e il bene dell'altro, fra lo sviluppo dell'impresa e l'interesse collettivo”.
I contrari all'insediamento del Macello nell'area oggi proposta per l'impianto a biogas ribattevano che la superficie interessata all'investimento era l'unica non ancora compromessa ed era tra le più fertili del territorio comunale: anche per questo la zona industriale, fin dai primi anni '60, era stata collocata altrove. Le conseguenze per lo sviluppo agricolo sarebbero state negative e si sarebbero verificati “gravi inconvenienti come l'aumento del traffico nella zona”. Il Macello, pertanto, avrebbe potuto ricollocarsi senza danni per alcuno in altre “numerose aree ben servite”. In caso contrario, si sarebbero “rinnegate completamente le origini rurali del paese” e si sarebbero gettate le basi per successivi insediamenti. I contrari temevano poi che il Sindaco “passasse alla storia come il protagonista dei più gravi errori urbanistici”.
Vinta nel 1992, la battaglia per la salvezza di quell'area agricola sta per essere perduta per iniziativa degli stessi oppositori di allora che oggi capovolgono la loro posizione. Si altera l'assetto urbanistico del territorio comunale. Si riduce il peso specifico della produzione agricola per metterla prevalentemente al servizio della produzione energetica. Si attinge all'erogazione quindicennale di consistenti contributi pubblici.
Pertanto, non si tratta di rinvangare vecchie ruggini e di ridurre il confronto ad una rivalità fra persone. Neppure si tratta di fare appello ad un malinteso senso della coerenza come se esso imponesse la fedeltà nei millenni alle stesse posizioni. Si tratta di interrogarsi lealmente: perchè le motivazioni allora spese per fermare l'industria agroalimentare sono accantonate per favorire oggi l'arrivo del biogas? Perchè le aree agricole che ieri si volevano salvare, oggi possono essere sacrificate? Quello della localizzazione non è il solo problema sollevato da questa iniziativa industriale. Bisognerebbe rispondere, ma per adesso non c'è neppure la domanda e tutti i soggetti coinvolti sembrano soddisfatti.
Venti anni fa il Consiglio comunale respinse la proposta di destinare la stessa area alla rilocalizzazione del Macello di None. Alla decisione di dire di no il Consiglio pervenne dopo le laceranti sedute del 25 maggio e del 1 giugno 1992 che sboccarono prima in una drammatica crisi della Giunta e poi nelle dimissioni del Sindaco di allora.
I favorevoli dicevano: “In un periodo di crisi economica come l'attuale non ci sentivamo di rinunciare a cinquanta o sessanta posti di lavoro(..) Collocare in una zona agricola un'industria operante nel settore alimentare non può essere che di stimolo all'attività agricola stessa” e “non bisogna soffocare l'imprenditoria, ma porsi con essa in termini di confronto costruttivo”.
L'impresa in questione “era ben inserita nel tessuto sociale e nella storia della comunità nonese” e l'attività di un'azienda “sana” non andava “strozzata”, ma orientata dalla programmazione pubblica al rispetto di vincoli ben precisi, capaci di trovare “un punto di intesa fra il bene dell'uno e il bene dell'altro, fra lo sviluppo dell'impresa e l'interesse collettivo”.
I contrari all'insediamento del Macello nell'area oggi proposta per l'impianto a biogas ribattevano che la superficie interessata all'investimento era l'unica non ancora compromessa ed era tra le più fertili del territorio comunale: anche per questo la zona industriale, fin dai primi anni '60, era stata collocata altrove. Le conseguenze per lo sviluppo agricolo sarebbero state negative e si sarebbero verificati “gravi inconvenienti come l'aumento del traffico nella zona”. Il Macello, pertanto, avrebbe potuto ricollocarsi senza danni per alcuno in altre “numerose aree ben servite”. In caso contrario, si sarebbero “rinnegate completamente le origini rurali del paese” e si sarebbero gettate le basi per successivi insediamenti. I contrari temevano poi che il Sindaco “passasse alla storia come il protagonista dei più gravi errori urbanistici”.
Vinta nel 1992, la battaglia per la salvezza di quell'area agricola sta per essere perduta per iniziativa degli stessi oppositori di allora che oggi capovolgono la loro posizione. Si altera l'assetto urbanistico del territorio comunale. Si riduce il peso specifico della produzione agricola per metterla prevalentemente al servizio della produzione energetica. Si attinge all'erogazione quindicennale di consistenti contributi pubblici.
Pertanto, non si tratta di rinvangare vecchie ruggini e di ridurre il confronto ad una rivalità fra persone. Neppure si tratta di fare appello ad un malinteso senso della coerenza come se esso imponesse la fedeltà nei millenni alle stesse posizioni. Si tratta di interrogarsi lealmente: perchè le motivazioni allora spese per fermare l'industria agroalimentare sono accantonate per favorire oggi l'arrivo del biogas? Perchè le aree agricole che ieri si volevano salvare, oggi possono essere sacrificate? Quello della localizzazione non è il solo problema sollevato da questa iniziativa industriale. Bisognerebbe rispondere, ma per adesso non c'è neppure la domanda e tutti i soggetti coinvolti sembrano soddisfatti.
Mario Dellacqua
Le dichiarazioni riportate sulle vicende dell'estate 1992 sono tratte da
R. ARGAN, Il macello spacca la maggioranza, “L'Eco del Chisone”, 27 maggio 1992.
R. ARGAN, None dice no al macello, “L'Eco del Chisone”, 5 giugno 1992.
M. DELLACQUA, Venticinque maggio, “Il Mondo di None”, maggio 1992.
Nessun commento:
Posta un commento