Marco Braico con Giorgio Chiellini |
Al
termine di
un viaggio
dalle parti
della leucemia,
Marco Braico, professore juventino che insegna matematica
al liceo
scientifico di
Pinerolo, ci
racconta in
un libro
il suo
vittorioso ritorno
alla salute
e alla
vita. Battisti direbbe:
discese ardite e risalite. Ruggeri ancora meglio: correre e
raggiungere piuttosto che aspettare.
Un
libro di
istruzioni per
l'uso
nel caso
ti dovesse
capitare? Sì,
ma attenzione.
Presentato con
raffinata semplicità
da Antonella
Tuninetti e
Mery Cerutti
il 18 maggio
in Biblioteca
a None,
l'autore
ci ha
spiegato che
al comparire
della verità
ribalda, “crolla
tutto subito”.
E ripete:
“tutto
subito”.
Le
prime risposte
sono un
nodoso contorcersi
di rimozione,
disperazione e
religione. Dopo
il sogno
della provetta
scambiata che
invece era
quella giusta,
dopo il
pianto fino
allo sfinimento,
dopo la
preghiera, c'è
il “vanto
della malattia”
per allontanare
da sé
l'insopportabilità
del pietismo
malamente ostentato
o pateticamente
celato. C'è
l'elaborazione
estenuante del
dolore che
è più
atroce delle
cure, per
la pena
che si
sa di
infliggere ai
propri cari
(la stessa
cosa mi
ha detto
un amico
detenuto).
Poi
sopraggiunge la
convocazione prepotente
e silenziosa
di un'insospettata
energia morale
che ti
porta a
combattere per
riconquistare la
vita a
tutti i
costi. Non
serve la
droga di
un ottimismo
sbruffone. Meglio
la tenacia
di un'umiltà
che rispetta
l'avversario
perchè determinata
a batterlo.
Testa, cuore
o pancia
sono armi che
scopri di
avere a
disposizione, ma
non in
armonia. Anzi,
quasi sempre
in selvaggia
o altezzosa
concorrenza.
Poichè
la vita
sembra ingiustamente
sfuggire, mentre
tu inesorabilmente
la bracchi,
scopri il
valore del
dettaglio e
l'anima
dell'oggetto
più banale
e ordinario
ti investe
di una
luce rivelatrice
del bello,
del giusto
e del
buono. Tutto
ciò che
ignoravi e
avevi al
tuo fianco
ogni giorno
diventa significativo,
potente, magico:
l'ora
esatta maniacalmente
registrata al
minuto, il
gusto della
pizza, l'andamento
sincopato di
una telefonata.
Nel professore
malato, acquista
vitalità comunicativa
persino un
linguaggio indisponente
e impoverito
dall'abbondanza
straripante di
stronzi, cazzi,
sticazzi, fighe,
merda, culi,
vaffanculo e
piastrine, linfociti
o globuli rossi
“che
vanno a
puttane come
i nostri
governanti”.
Facile intuire che a questo repertorio
il prof.
si abbarbicava
già prima,
nel patetico
tentativo di
colmare il
divario fra
l'invariabile
verde della
“loro” età
adolescenziale e
la “nostra”
che invece
galoppa ogni
anno verso
il suo
irreversibile scollinamento.
Ma
un conto
è sapere.
Un altro
conto è
sentire. Quando
il fiume
si avvicina
al mare
e l'erba
si può
vedere dalla
parte delle
radici, un
dolore rancoroso
può chiudere
nella disperazione
dell'incomunicabilità.
Può anche
aprire verso
la ricchezza
moltiplicabile e
distribuibile dell'amore,
della solidarietà,
del lavoro,
della creatività
allegra. Allora
questo libro
non è
più un
manuale di
istruzioni per
l'uso
nel caso
ci dovesse
capitare. Poichè
qualcosa ci
capiterà, questo
libro ci
aiuta a
temere e
a sfidare
la morte
quotidiana di
una vita
squallida, arida,
juventina e
matematica.
P.S.
A diciotto
anni passai
sei mesi
in sanatorio
per una
tbc che
mi aveva
colpito senza
darmi il
minimo segnale
e cominciai
a drizzare
le antenne.
Quando seppe
del ricovero
obbligatorio, mia
madre pianse
davanti ai
suoi clienti
in una
cartoleria. Mio
padre mi
raggiungeva a
Prà Catinat
portandomi ogni
tanto una
bottiglia delle
migliori che
dividevo con
gli altri
malati. Erano
macellai, camionisti,
artigiani edili,
operai che
non smettevano
di parlare
con voluttà
in tanti
modi diversi
delle stesse
“cose”: figli,
mogli, fidanzate,
nonni, sorelle
e genitori,
casa, lavoro,
politica, guerre,
scuola e
fede. Nel
1974, in un
comizio in
piazza Solferino,
Pierre Carniti
disse che
le ricchezze
prodotte dal
nostro paese
non dovevano
essere investite
in privilegi
o in
consumi superflui,
ma nella
lotta alla
tubercolosi, per
esempio. Fu
una sferzata
di complicità
indimenticabile. Nel
1986 o 1987 Pietro
Marcenaro, che
dirigeva la
Fiom piemontese,
venne all'Indesit
di None
alle prese
con il
suo primo
grande rischio
di chiusura.
Introdusse l'assemblea
invitando gli
operai in
allarme per
il posto
di lavoro
a rivolgere
il pensiero
a una
loro delegata
assente perchè
impegnata in
ospedale “a
combattere una
battaglia più
importante
della nostra”.
Prima si
stupirono e
poi applaudirono.
Seguitai a
tenere le
antenne drizzate.
Mario
Dellacqua
M.
BRAICO,
La festa
dei limoni,
Effatà
editrice,
Cantalupa
2011, euro
13.
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