La mia nipotina mi guarda con occhi supplichevoli. Mi
invita a giocare a pallone. Non ho tanta voglia, mi sento stanco.
Rivedo con la mente questo episodio mentre stiamo discutendo. Abbiamo
incominciato la conversazione sui rapporti con i nostri figli e i
nostri nipoti quando uno del gruppo aveva esternato la sua difficoltà
a giocare con i propri bimbi, mentre suo cognato ci riusciva molto
bene. Quasi tutti abbiamo dei ricordi più o meno piacevoli o
rimossi. Rivedo tutta la sequenza partendo da mio nonno materno, con
mio padre, io con mia figlia e poi con la mia nipotina: in cinque
generazioni cosa è cambiato? Mio nonno, se ricordo bene, giocava
spesso con me a carte, quando ero bambino, e mi raccontava favole
della tradizione locale.
Non ricordo di aver giocato con mio padre,
ma in compenso mi portava con sé, sul lavoro, durante le vacanze
scolastiche. Per quanto mi sforzi di ricordare, non mi sembra di aver
giocato molto con mia figlia e, anni dopo, con la mia nipotina.
Pensavo che fosse più importante, per loro, giocare con coetanee e
che giocare con gli adulti lo fosse meno. Mi limitavo spesso a
portarle al parco giochi, le aiutavo quando le vedevo in difficoltà,
mi faceva piacere vederle giocare con altre e, adesso che ci penso,
era quasi un atteggiamento comune a quasi tutti i nonni e ai genitori
ai parchi; forse a casa si coinvolgevano di più.
I bimbi
sono molto
sensibili, la
nostra indisponibilità
alle loro
richieste fa
pensare che
loro non
sono importanti
per noi.
Il gioco
dovrebbe essere
considerato l’attività
più seria
dell’infanzia,
un’attività
godibile in
se stessa,
immediata, diretta.
I genitori
sono felici,
quando vedono
i figli
intenti a
giocare, ma
lo sono
altrettanto quando
si mettono
a giocare
con loro?
Il bimbo
capisce che
il suo
gioco è
gradito al
genitore perché
lo lascia
libero di
sbrigare le
sue faccende
senza sentirsi
in colpa
se non
si occupa
del figlio.
Il bimbo
impara così
che quello
che conta
per i
suoi genitori
non è
il gioco
che fa,
quanto il
fatto di
non essere
loro d’impiccio.
Siamo selettivi
verso i
loro giochi,
prendiamo seriamente
solo alcuni
aspetti e
ci coinvolgiamo
solo se
interessa a
noi. Probabilmente,
prima, i
rapporti tra
le generazioni
erano più
facili sotto
molti aspetti
e più
ricchi di
significato e
di intimo
piacere, in
cui adulti
e bambini
giocavano agli
stessi giochi,
anche se
il loro
significato non
era esattamente
lo stesso
per entrambi.
Probabilmente c’era
una reale
e intima
partecipazione alle
attività ludiche
dei figli.
Oggi sono
relativamente pochi
i giochi
che divertono
allo stesso
modo adulti
e bambini.
Prima si
giocava insieme
a mosca
cieca, nascondino,
a carte,
e adesso?
Dobbiamo mettere
in discussione
il nostro
atteggiamento verso
le attività
dei nostri
figli, soprattutto
nel giudicarle
stupide, impedirle
o punirle.
Mauro Sorrentino (Uomini in Cammino)
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