Dal «traffico illecito di rifiuti e gestione di rifiuti non autorizzata» alla mafia.
Notizia sulla centrale a biomassa di Bevera (Ventimiglia),
realizzata dalla Società BENARCO che voleva farne una anche a None.
"Ventimiglia - Sono le 7 di ieri mattina quando i
carabinieri, una trentina di uomini del Noe, dei comandi provinciali di Imperia
e Savona, e della compagnia di Ventimiglia, arrivano davanti alle sedi della
Cava Bergamasca in via Maneira a Bevera, della vicina Centrale biomasse,
dell’Itagro e della Gbl di Camporosso.
Quattro imprese da anni nell’occhio del
ciclone. Anche per possibili infiltrazioni mafiose. Si cercano documenti, si
sequestra definitivamente la stessa centrale a biomasse. La firma sulle carte è
quella della Dda di Genova e delle Procure di Sanremo e Savona.
E’ un blitz in piena regola che non risparmia gli uffici
delle quattro ditte, passati al setaccio dai carabinieri per tutta la
mattinata, che mira anche alle abitazioni dei quattro titolari, tutti indagati:
si scoprirà solo più tardi che l’accusa, per loro, è legata a “gravi reati
ambientali”.
Secondo gli inquirenti sarebbero stati utilizzati
combustibili che hanno prodotto residui e fumi inquinanti. Ma la presenza della
Dda nell’operazione, il profilo di alcuni indagati, lascia presagire che gli
scenari che stanno per aprirsi siano in realtà molto più vasti. Intanto i
carabinieri, spalmati sul territorio di Ponente da Imperia a Ventimiglia,
decine di mezzi, l’ombra dell’elicottero che sorvola le case riportando alla
memoria un blitz altrettanto eclatante, quello dell’operazione “La Svolta”,
hanno puntato verso le abitazioni di Claudio Agnese, 53 anni, titolare
dell’Itagro, residente a Cesio, sulle alture del capoluogo. Hanno perquisito la
casa di via alle Ville, a Ventimiglia, di Sergio Carminati, 49 anni, in
titolare della Cava Bergamasca (già perquisita l’8 novembre scorso) ma in
società anche nella Centrale biomasse. Centrale costruita dalla Energy Green
dell’ingegner Adolfo Pastorino, 61 anni, di Savona. Altro indagato, altra abitazione
perquisita dai carabinieri. E infine, nel mirino, è finito Stefano Gastaudo, 42
anni: gestisce la Gbl di Camporosso. Un’impresa di trasporti e movimento terra.
Rientrata anche nelle indagini sulla costruzione del porto di Ventimiglia.
Dalla sede di via I maggio i carabinieri si spostano all’ abitazione di
Gastaudo. In cerca di elementi ulteriori a comprova dell’inchiesta regionale.
Le accuse della magistratura riguardano la gestione non
autorizzata dei rifiuti e il traffico illecito di rifiuti. Tonnellate di ceneri
derivanti dalla combustione che sarebbero state smaltite durante il periodo di
apertura della centrale a biomasse, in contrasto con tutte le normative
ambientali. E non si escludono strascichi anche nel Principato di Monaco. Dove,
a quanto sembra, uno degli indagati di recente avrebbe versato cifre onerose
per accaparrarsi dai locali (ristoranti e quant’altro) agli olii esausti.
Pagandoli circa 450 euro a tonnellata, troppo cari. Quando la richiesta di
mercato non supera gli 80 euro ad operatore seppur ci siano stati addetti ai
lavori che hanno speso fino a 300 euro a tonnellata per comprare oli esausti.
Olii che vengono poi riutilizzati nella cosmesi e per produrre biocarburanti.
L’inchiesta, comunque, è stata avviata nell’ottobre del 2012 focalizzando le
indagini proprio sulla Centrale di Bevera. Sia sulla sua costruzione che sulla
gestione all’Energy green.
«A carico degli imprenditori – confermano i carabinieri –
sono stati ravvisati gli estremi di reato previsti dalla legge sull’attività
organizzata «per traffico illecito di rifiuti e gestione di rifiuti non
autorizzata in concorso». Ma la Centrale biomasse era salita spesso alla
ribalta della cronaca: e già quattro anni or sono, in un incontro pubblico con
l’ex amministrazione comunale, Federico Valerio, che lavora per l’istituto di
ricerca sul cancro di Genova, aveva sottolineato i pericoli che derivano dalle
emissioni di ceneri e di polveri prodotte dalla lavorazione dei rifiuti.
«Emissioni che potrebbero compromettere la qualità dell’aria», aveva ribadito
lo specialista. Rimarcando quanto l’attività della Cava bergamasca, nella quale
si usa far brillare mine, doveva essere tenuta sotto controllo."
Da "Il Secolo XIX" del 4 maggio 2013.
Comitato "Energia, Ambiente e Territorio" di None
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