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Betty Benenati e Orso |
La tua lettera della fine giugno mi è giunta solo
quando sono venuto per gli esami. Grazie per il libro di Piero che ho
letto subito tutto con grande interesse e molte domande. Ti mando
oggi il libretto di Marcenaro cui ho collaborato come intervistatore
e come postillatore. Vorrei poi un tuo giudizio.
Sono molto impressionato per quello che mi scrivi di
te. Io non credo assolutamente che possano esistere problemi
esistenziali (e pensieri di morte) solo in rapporto alla crisi della
prospettiva politica. Nella mia lunga vita ho avuto io pure delle
crisi che investivano la mia identità e quindi le mie ragioni di
vita, ma sempre esse hanno avuto dei motivi profondi di solitudine,
cui certo si innescavano, come detonatori e come potenziatori, motivi
politici o comunque attivi.
Ma credo che sia utile vedere con chiarezza il
motivo di fondo, il vuoto di affetto, la solitudine, in cui uno
crede, spesso sbagliando, di essere caduto.
Mi ci è voluto molto per capire che la solitudine
non è la privazione di gente, e di affetti della gente, è invece
privazione di una determinata persona, o di una determinata
esperienza di vita affettiva. E' meglio queste cose vederle
coraggiosamente senza scaricare tutto sull'impegno, pur esso così
vitale, della politica.
Sai perché? Perché le carenze sentimentali
finiscono, o meglio, cambiano natura e perdono intensità, vivono
come momenti di nostalgia, dolorosa e a volte anche acuta, ma non
distruggono più l'identità. Per questo non cercherò di consolarti
dicendoti quello che sai benissimo, che hai tanta e tanta gente che
ti vuol bene, ti stima e ti è debitrice di valori del pensiero e
della vita. Non ti dico questo perché so che non serve a ridurre
l'angoscia della solitudine.