lunedì 16 luglio 2012

I RACCOMANDATI NONESI DI 27 ANNI FA

Era il 30 novembre 1985 e mi capitò di far salire provocatoriamente i miei stivali sui banchi del Consiglio comunale di cui allora facevo parte. La crisi dell'Indesit faceva temere licenziamenti di massa (e invece arrivarono anni di cassa integrazione). Immaginavo che le forze politiche avrebbero risposto “tenendo fermi i più elementari principi della giustizia sociale” che consigliavano anche allora di tutelare “le famiglie con un solo mestiere”. Andavo sul sicuro perchè “dalle migliori tradizioni del socialismo e del solidarismo cattolico ho potuto imparare che gli ultimi sono i primi a meritare protezione”. Le parole sono uguali a quelle usate oggi dal comunicato rifondarolo. Invece al Consiglio comunale la maggioranza di allora (Dc, socialisti e Indipendenti del Campanile) approvò un documento che appoggiava i lavoratori dell'Indesit, ma “raccomanda, nell'eventualità dei licenziamenti, un particolare riguardo per i dipendenti” nonesi.
Dichiaravo di “non capire la differenza fra un lavoratore di None e un altro di Barge, di Pinerolo o di Orbassano, fra un uomo e una donna, fra un meridionale e un piemontese” e chiedevo che cosa c'entrasse “la giustizia con la geografia”. Protestavo perchè in quel modo si lottizzavano “i posti di lavoro e i disoccupati, democraticamente s'intende: tanti a te, tanti a me”. Aggiungevo che così si seminava “l'illusione di poter gestire un privilegio nella spartizione della miseria” e di “apparire come coloro che con i fatti e non con le ciance sanno difendere l'occupazione (dei propri elettori, ovvio)”. 
Non lo sapevamo ancora, ma quelli erano i primi passi del leghismo che oggi è vivo e lotta contro di noi a dispetto delle peripezie di Bossi. 
A distanza di 27 anni siamo costretti a combattere sulle stesse trincee, con l'aggravante, per me avvilente, che la controparte è un Sindaco di centrosinistra. Ripropongo questi appunti di memoria della vita nonese con amarezza. E so benissimo che l'autocitazione è un vezzo inelegante. Ma corro consapevolmente il rischio. La coerenza, per me, non è un valore assoluto, come qualcuno potrebbe aspettarsi. No. A volte, di fronte all'evidenza e a una sopraggiunta nuova persuasione maturata dopo intima riflessione, se sei una persona seria trovi il coraggio di rompere la continuità. E il mio percorso è controllabile e discutibile da chiunque, nella sua continuità e nelle sue rotture, debolezze, ripensamenti e contraddizioni. Tuttavia, resto serenamente convinto che certi principi di giustizia sociale non sono negoziabili. Per difenderli nel loro valore universale vale la pena impegnarsi se non si vuol vedere svilita la propria dignità di militanti e di cittadini consapevoli.

Mario Dellacqua

Vedi None: discriminare fra i deboli?, L'Eco del Chisone, 5 dicembre 1985.

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