domenica 20 aprile 2014

25 APRILE 2014 A SCALENGHE

Elidio Dellacqua
Il documento che si pubblica è frutto della riflessione  dei soliti quattro scalenghesi  iscritti all’Anpi ai quali si è aggregata Luisa, una nuova giovane voce anpina.
Su indicazione di un testimone dell’epoca, il nostro concittadino Carlo Manfredi, quest’anno intendiamo ricordare cinque patrioti sepolti nel cimitero di Pieve con un’unica cerimonia il 5 maggio del 1945, ed un sesto caduto che riposa a Scalenghe, Giovanni Bertero,  partigiano morto a 22 anni il 19 marzo 1945.  Per una lodevole  iniziativa di  Carlo si è  proceduto al restauro di due lapidi, rimettendo a nuovo le scritte  ivi incise.
Infatti il tempo trascorso aveva cancellato la vernice che ricordava il tragico episodio, in cui  due ragazzi di 15 e 16 anni, Mario Sola e Giovanni Serra,  persero  la giovinezza e la vita come partigiani a Vigone in località S. Bernardo presso una chiesetta di campagna  il 26 aprile 1945, colpiti dalle armi dei soldati tedeschi in fuga. Con loro cadde un altro giovane operaio torinese di 22 anni, Emilio Dezzani.
Sentite come  il bollettino parrocchiale della Chiesa di Pieve, nel maggio 1945, tratteggia  i cinque  qualificati  dal bollettino “Partigiani”:  Sola e Serra sono “entrambi giovani di A.C. con l’arditezza speciale dell’animo loro che li rendeva sprezzanti di qualunque pericolo, quasi impazienti di portare il loro generoso contributo alla cacciata definitiva del nemico erano partiti volontari tra le valorose formazioni Partigiane…nell’impari lotta col nemico ebbero in quello stesso giorno spezzato il loro moschetto”.
Giacomo Gariglio,  “lavoratore buono e pacifico, veniva esso pure schiantato dalla bufera a La Loggia, dove era sfollato, sul punto di rientrare in casa, dopo le estenuanti fatiche del giorno. Non valse ad impietosire i feroci assassini l’essersi prostrato in ginocchio supplicando grazia per i teneri figli e la diletta consorte”.
Paolo e Tomaso Tortone “perirono nell’eccidio di Grugliasco, dove la ferocia nazista aveva raggiunto il punto culminante. Presi dapprima come ostaggi, furono poscia fucilati come dei volgari assassini, colpevoli di null’altro che di avere amato intensamente la Patria.”
 Ricordiamo per inciso che la strage di Grugliasco e Collegno è un eccidio compiuto il 30 aprile 1945 dalla 34^ Panzer Division che contava su circa 12.000 uomini al comando del generale Schlemmer e aveva lo scopo di contrastare le “bande” partigiane. Durante la ritirata si macchiò di gravi crimini contro le popolazioni locali. Solo in Piemonte uccise oltre 300 persone.  I morti nella strage di Grugliasco e Collegno furono 68  (32 abitanti di Collegno, 20 di Grugliasco, 16 originari di altri paesi).  Il giorno successivo, il 1° maggio 1945,  vi fu la ritorsione partigiana, a Collegno  sui prigionieri di guerra  della 2^ divisione granatieri Littorio, morirono 29 militari.
Qui termina la nostra cronaca  sulla conclusione della seconda guerra mondiale, e inizia quella che vuole essere una riflessione sulle responsabilità delle morti, delle stragi, delle gravi limitazioni delle libertà civili e politiche.
E’ noto che senza l’ausilio dei libri, non è mai possibile fare il salto necessario per passare dalle ragioni della nostra singola vita, alle ragioni più generali della storia, di cui noi facciamo parte.
 Per capire qualcosa della Resistenza, per affrontare la questione del  fascismo in Italia  e di come esso cadde, abbiamo fatto qualche passo nella nostra frazione. Nel vecchio asilo siamo entrati nella  biblioteca, mai sufficientemente  lodata,  e abbiamo ricuperato il volume  “La Resistenza spiegata a mia figlia”  di Alberto Cavaglion,  edito nel 2005 purtroppo letto da soli 4 scalenghesi.
Il saggio di Cavaglion  trascrive, oltre al resto, un breve racconto narrato da un famoso romanziere tedesco, Thomas Mann, del 1930.
La vicenda è semplice. Si parla di un incantesimo e si dimostra quanto sia difficile uscire da un inganno, “disincantarsi”.
In una località balneare, Forte dei Marmi, giunge nel 1926 una famiglia di villeggianti che alloggiano in un elegante albergo vicino al mare. La vacanza è rallegrata da un giovane cameriere, Mario. I turisti una sera decidono di assistere ad  uno spettacolo di illusionismo. Sul palcoscenico sale il Cavalier Cipolla, un uomo dall’aspetto ripugnante, illusionista e prestigiatore, di età difficilmente definibile,  “con un viso affilato e sciupato, occhi pungenti,bocca serrata e rugosa, baffetti tinti di nero”.  Dopo alcuni esperimenti privi di interesse, il Cav. Cipolla chiede l’aiuto di uno spettatore, e la sua attenzione cade su Mario, il cameriere. Con i suoi modi ambigui, alternando dolcezza a brutalità, riesce a fargli credere  di essere una bella ragazza, sollecitando le sue effusioni. La gente si diverte, ride, applaude, sbeffeggia l’incantato, esso stesso diventa vittima senza saperlo, del sortilegio. Quando lo spettacolo finisce e l’illusione ha termine, Mario si sveglia, ma è letteralmente fuori di sé. Esce di corsa dalla sala. Prima di allontanarsi si gira ed estrae una pistola. Due detonazioni dal breve fragore trapassano grida e applausi. Il Cavalier Cipolla cade colpito. Anche il pubblico si scuote dall’apatia: panico e tumulti, finale catastrofico e soprattutto liberatore.
Il racconto è ispirato da un fatto di cronaca nera avvenuto nel 1926.
Che dietro la figura del Cavalier Cipolla si nasconda la maschera del trionfante duce di Roma è del tutto evidente. Molte personalità illustri e meno illustri  che hanno compiuto il loro viaggio dentro il fascismo escono con gli stessi occhi e lo sguardo allucinato del  pubblico di Forte dei Marmi.  Dopo il 1945 sembrerà chiaro che la storia aveva confermato la previsione della letteratura.
Le dittature non hanno sempre avuto bisogno della forza: sono state abilissime nell’incantare.
Certo, sarebbe stato bello se dalla sala del teatro della Versilia o, fuor di metafora, a Roma, Milano, Venezia, numerosi fossero stati i no pronunciati ad alta voce. Nella realtà segnali di rifiuto non ve ne furono o si poterono contare sulle dita di una mano. Per rimanere nel mondo dello spettacolo, solo il Maestro Arturo Toscanini nel 1931 si ribellò rifiutandosi  pubblicamente di suonare in teatro inni fascisti.
Se  fossero stati più numerosi  gli uomini con la tempra di Toscanini, non è detto  che il regime avrebbe avuto maggiori difficoltà a rimanere in vita, ma la corruzione non avrebbe avuto dimensioni così devastanti e la stessa Resistenza non sarebbe nata nei modi tardivi e fragili che  sappiamo.
In teoria ma anche in pratica, avrebbe potuto non esservi alcuna forma di Resistenza. L’Italia avrebbe comunque riconquistato la libertà, ma sarebbe stata peggiore di quella che abbiamo ereditato.
Le parole che seguono sono opinioni del tutto personali, di cui mi assumo la responsabilità.
Il nostro è un popolo abbastanza strano: s’innamora più spesso dei clowns che dei politici impegnati a mettere il bene comune  al di sopra di ogni interesse  personale e di partito.
Abbiamo tanti pregi, ma questo è un difetto capitale che spiega la fragilità della nostra democrazia e dello Stato che dovrebbe esserne il titolare e il contenitore.
In Italia abbiamo avuto l’incantatore da Predappio per 20 anni, poi il venditore  di Arcore per altri 20. Esiste l’ipotesi di 20 anni del seduttore  fiorentino. Circola da qualche anno sulla scena politica il comico genovese.
Per restare all’attualità i competitors sono tre, due dei quali sanzionati penalmente dalla magistratura. Il comico poi è portatore di un obiettivo anti euro,  che produrrà soltanto rovine e macerie. Il giovane fiorentino punta tutto sulle riforme e sulla crescita dell’economia reale.  Nessuno è contrario alle riforme,  ma  raccomandare attenzione e massima prudenza è d’obbligo: Come dice il Cancelliere Ferrer nei Promessi sposi : adelante Pedro con juicio…
Quanto alla durata dei Presidenti del Consiglio che imperversano per venti anni, magari piaceranno agli italiani che in certe cose sono particolari. In realtà stravolgono la democrazia, occupano tutto, per lo scrivente sono un incubo.
La verità è una sola, ce lo insegna la dura vita di tutti i giorni:  nulla ci viene regalato. Tutto è da conquistare con un continuo cimento.  Ognuno deve fare al meglio la sua parte.
W la libertà,  no alle guerre.
Il 2015 ricorre il centenario della guerra 15-18. Il prossimo anno di questo si parlerà.   Si sollecitano  pensieri scritti o manifesti verbali sul tema.

Elidio Dellacqua - Via Santa Maria 8, Scalenghe

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