mercoledì 3 dicembre 2014

Andare oltre gli scioperi?

Proprio mentre un milione di persone manifestavano a Roma niente affatto convinte che a maggiore libertà di licenziamento possa corrispondere maggiore possibilità di assunzioni, molti in alto a sinistra (ma anche in basso) si sono scandalizzati perchè alla Leopolda l'imprenditore Davide Serra ha auspicato il divieto di sciopero per i dipendenti pubblici.
Gli scioperi nel pubblico impiego ottengono adesioni che spesso oscillano tra l'irrisorio e il minoritario. Quando sono efficaci nei trasporti, negli ospedali o nella scuola, si traducono in disagi inflitti all'utenza (cioè altri lavoratori), nella speranza che ciò induca le controparti a mollare. Sempre si traducono in perdite salariali per i lavoratori e in quote di stipendi risparmiate dallo Stato.
In tutti i casi, le modalità fin qui scelte non sono state capaci di scalfire la barriera di diffidenza e di impopolarità che separa i lavoratori del pubblico impiego dagli altri lavoratori. Resta irrisolto il problema dell'alleanza con il mondo frantumato e precario delle classi subalterne oggi. Mentre noi ci dividiamo tra concertativi e antagonisti, sempre fancazzisti ci chiamano.
Con la sovranità della caccia all'iscritto, il sindacalismo nel pubblico impiego ha costituito un'efficiente rete formale e informale di rapporti votati al rilascio di favori e di protezioni. La proliferazione di questi centri di potere ha concorso ad annullare e a indebolire ogni progetto di mobilità del personale necessaria quando si prova a modernizzare il servizio e a migliorarne l'efficienza.
L'arrivo del sindacalismo di base ha vivacizzato il dibattito ed inasprito la concorrenza, ma non ha migliorato la situazione.
Invece di stracciarsi le vesti aspettando le rampogne del Serra di turno o gli interventi autoritativi del governo, sarebbe meglio innovare le forme di lotta. Eviterei gli scioperi e li sostituirei con manifestazioni al sabato. Investirei i soldi risparmiati per creare fondi destinati al mutuo soccorso, a lavoratori licenziati, o sfrattati, o alluvionati o cooperative di giovani disoccupati.
Non ne sono sicuro, ma bisogna trovare un modo per rompere l'isolamento che toglie forza alla nostra rabbia e per dare prove concrete di solidarietà e di capacità di autogestione.

Mario Dellacqua

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