Proprio
mentre un milione di persone manifestavano a Roma niente affatto
convinte che a maggiore libertà di licenziamento possa corrispondere
maggiore possibilità di assunzioni, molti in alto a sinistra (ma
anche in basso) si sono scandalizzati perchè alla Leopolda
l'imprenditore Davide Serra ha auspicato il divieto di sciopero per i
dipendenti pubblici.
Gli
scioperi nel pubblico impiego ottengono adesioni che spesso
oscillano tra l'irrisorio e il minoritario. Quando sono efficaci nei
trasporti, negli ospedali o nella scuola, si traducono in disagi
inflitti all'utenza (cioè altri lavoratori), nella speranza che ciò
induca le controparti a mollare. Sempre si traducono in perdite
salariali per i lavoratori e in quote di stipendi risparmiate dallo
Stato.
In
tutti i casi, le modalità fin qui scelte non sono state capaci di
scalfire la barriera di diffidenza e di impopolarità che separa i
lavoratori del pubblico impiego dagli altri lavoratori. Resta
irrisolto il problema dell'alleanza con il mondo frantumato e
precario delle classi subalterne oggi. Mentre noi ci dividiamo tra
concertativi e antagonisti, sempre fancazzisti
ci chiamano.
Con
la sovranità della caccia all'iscritto, il sindacalismo nel pubblico
impiego ha costituito un'efficiente rete formale e informale di
rapporti votati al rilascio di favori e di protezioni. La
proliferazione di questi centri di potere ha concorso ad annullare e
a indebolire ogni progetto di mobilità del personale necessaria
quando si prova a modernizzare il servizio e a migliorarne
l'efficienza.
L'arrivo
del sindacalismo di base ha vivacizzato il dibattito ed inasprito la
concorrenza, ma non ha migliorato la situazione.
Invece
di stracciarsi le vesti aspettando le rampogne del Serra di turno o
gli interventi autoritativi del governo, sarebbe meglio innovare le
forme di lotta. Eviterei gli scioperi e li sostituirei con
manifestazioni al sabato. Investirei i soldi risparmiati per creare
fondi destinati al mutuo soccorso, a lavoratori licenziati, o
sfrattati, o alluvionati o cooperative di giovani disoccupati.
Non
ne sono sicuro, ma bisogna trovare un modo per rompere l'isolamento
che toglie forza alla nostra rabbia e per dare prove concrete di
solidarietà e di capacità di autogestione.
Mario
Dellacqua
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