Massimo Bonfatti |
Se non son pazzi non li vogliamo...
L'odissea che ha guidato Luca Scabbia lungo
più di 13mila chilometri nei territori dell'ex Unione Sovietica, non si spiega
con la passione spericolata per la moto. Un altro carburante etico e politico
ha alimentato i ruggiti della sua Yamaha XT 1200 Superteneré: la
determinazione robusta benchè solitaria di testimoniare gli irreparabili scempi
che il disciolto regime sovietico ha inflitto in Ucraina e in Kazakhstan
all'ambiente e alla salute collettiva di quelle popolazioni. Là, nelle aree più
inquinate e radioattive della terra, malformazioni genetiche, leucemie,
sterilità per metà degli uomini e delle donne, malattie nervose e
cardiovascolari sono il pane quotidiano.
Luca Scabbia non ha solo sfidato alle
dogane la corruzione proverbiale dei funzionari che, in cambio del via libera,
chiedono se per caso “hai venti euro per le loro famiglie”. Non
ha solo affrontato la truffa dei distributori che ti ingrippano la moto perchè
allungano la benzina con la paraffina.
Luca Scabbia ha respirato aria che non doveva respirare e ha inalato
polveri che non doveva inalare. Sulla sua pelle, per esperienza diretta, ha
capito il motivo per cui le auto viaggiavano con il finestrino chiuso.
Una specie strana e moderna di religione
civile nutriva la sua chilometrica missione. Per conto di “Mondo in cammino”,
Scabbia voleva rendere giustizia a popolazioni cui le autorità comuniste
avevano intimato di uscire di casa durante gli esperimenti nucleari al solo
cinico scopo di testare gli effetti delle radiazioni sulle loro vite. Voleva
fotografare le montagne che nascondono quantità di plutonio cementificato
pericoloso per millenni e utile a costruire sofisticati dispositivi nucleari.
Voleva preparare il terreno a relazioni diplomatiche con una rete
transnazionale di gruppi ecologisti con i quali sviluppare comuni progetti di
cooperazione. Voleva fare la sua parte per diffondere nell'opinione pubblica
italiana e europea la motivata condanna dell'energia nucleare. Voleva coniugare
diritti umani, giustizia e solidarietà nel mondo e in Italia, come dimostrano
gli efficaci interventi di “Mondo in Cammino” nell'Emilia terremotata o
nella Sardegna alluvionata.
Locale e globale nel pensiero e
nell'azione, carmagnolese e internazionalista, utopica e concreta, “Mondo in
Cammino” cerca complici per contribuire alla salvezza dell'umanità.
“Un'umanità – scrive Massimo
Bonfatti, instancabile animatore dell'associazione – che saprà e potrà
continuare a sperare grazie all'ostinazione e alla sfida quotidiana di persone”
come quelle che in Ucraina e in Kazakhstan, a Cernobyl o a Fukushima, come
a Hiroshima e a Nagasaky, sono “più forti delle bugie e delle falsità”
fabbricate per tenere i popoli lontani dalle tentazioni della libertà e dal
dovere della consapevolezza.
Mario Dellacqua
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