martedì 9 dicembre 2014

PIKETTY SULLE RIVE DEL CHISOLA?

Sulle colonne dell'ultimo numero del “Mondo di None”, Mario Ruggieri propone un tema impegnativo all'attenzione di una comunità locale sempre un po' distratta e allegramente impreparata. Immaginando invece fiduciosamente di avere a che fare con una “agorà” popolata di cittadini consapevoli e di attivisti attivi e critici, Ruggieri si è letto le novecento e fischia pagine dell'opera che ha portato al giovane studioso francese, insieme con i primi posti nella classifica delle vendite, anche il plauso di due Premi Nobel dell'Economia come Paul Krugman e Joseph Stiglitz. Nella sua crudele stima per la mia persona, Ruggieri mi ha prestato il volume, di cui ho fatto una lettura selettiva e corsara. Dunque ne scrivo con l'esclusivo ma umile intento di disturbare, incuriosire o provocare.
La tesi di Piketty è una pietra d'inciampo per il dominante pensiero neoliberista: se si vuol combattere la crisi, l'arma da impugnare non è la maggior libertà per le imprese di licenziare o la combinazione di tagli alle spese e alle tasse che si risolve regolarmente in una depressione sempre più grave dei consumi, della produzione e dei posti di lavoro.
Piketty suggerisce invece di aggredire le disuguaglianze mediante una sistematica politica fiscale di progressività delle imposte (“chi più ha più paga”, non “a chi più ha, più sarà dato” come dice il Vangelo di Matteo) da condurre addirittura su scala planetaria per impedire la pirateria dei paradisi fiscali e per rastrellare le risorse necessarie a redistribuire il lavoro disponibile. Sembra una chimera, ma Piketty indica le misure da adottare su una strada percorribile con efficacia a partire dall'Europa. La sua imposta riguarderebbe il 2,5 per cento della popolazione europea e frutterebbe ogni anno l'equivalente del 2 per cento del PIL europeo.
Il capitalismo da solo non si sogna di fare nulla in tale direzione, perchè impegnato nella sua folle corsa non ad autoregolarsi, ma a produrre ciecamente sempre di più e a costi sempre più bassi, a costo di impoverire chi dovrebbe comprare le merci circolanti in sovrappiù a causa di una produttività cresciuta più dei salari. Siamo oggi in una situazione in cui “il tasso di rendimento del capitale – così la dice Piketty – supera regolarmente il tasso di crescita del prodotto e del reddito”: quando ciò accade, “il capitalismo produce automaticamente disuguaglianze insostenibili e arbitrarie” che rischiano di compromettere le civiltà democratiche. Il 2,5 per cento più ricco detiene quasi il 40 per cento del patrimonio totale, ossia il 200 per cento del PIL europeo, si legge a pagina 838.
Della questione non siamo del tutto digiuni sulle rive del Chisola. Ne abbiamo discusso il 14 marzo all'angolo di via Roma 11 con il senatore democratico Marino e con Nadia Biscola quando abbiamo presentato il controverso libro di Innocenzo Cipolletta sulla pressione fiscale italiana. Ne abbiamo parlato il 1 aprile presentando il comitato di sostegno alla lista “Un'altra Europa per Tsipras”. Sempre grazie alla regia di Mario Ruggieri. Mi auguro di poter collaborare ad un incontro di uguale ispirazione per discutere a più voci le tesi di Piketty.
THOMAS PIKETTY, Il capitale nel XXI secolo, Bompiani, 2014, p. 946.

Mario Dellacqua

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