In Val Susa un dialogo è possibile e necessario
Dopo mesi in cui la politica ha omesso il confronto e il dialogo
necessari con la popolazione della valle, la situazione di tensione in
Val Susa ha raggiunto il livello di guardia, con una contrapposizione
che sta provocando danni incalcolabili nel fisico delle persone, nella
coesione sociale, nella fiducia verso le istituzioni, nella vita e nella
economia dell’intera valle. Ad esserne coinvolti sono, in diversa
misura, tutti coloro che stanno sul territorio: manifestanti e
attivisti, forze dell’ordine, popolazione.
I problemi posti dal progetto di costruzione della linea ferroviaria
ad alta capacità Torino-Lione non si risolvono con lanci di pietre e con
comportamenti violenti. Da queste forme di violenza occorre prendere le
distanze senza ambiguità. Ma non ci si può fermare qui. Non basta
deprecare la violenza se non si fa nulla per evitarla o, addirittura, si
eccitano gli animi con comportamenti irresponsabili (come gli insulti
rivolti a chi compie gesti dimostrativi non violenti) o riducendo la
protesta della valle – di tante donne e tanti uomini, giovani e vecchi
del tutto estranei ad ogni forma di violenza – a questione di ordine
pubblico da delegare alle forze dell’ordine.
La contrapposizione e il conflitto possono essere superati solo da
una politica intelligente, lungimirante e coraggiosa. La costruzione
della linea ferroviaria (e delle opere ad essa funzionali) è una
questione non solo locale e riguarda il nostro modello di sviluppo e la
partecipazione democratica ai processi decisionali. Per questo è
necessario riaprire quel dialogo che gli amministratori locali
continuano vanamente a chiedere. Oggi è ancora possibile. Domani forse
no.
Per questo rivolgiamo un invito pressante alla politica e alle
autorità di governo ad avere responsabilità e coraggio. Si cominci col
ricevere gli amministratori locali e con l’ascoltare le loro ragioni
senza riserve mentali. Il dialogo non può essere semplice apparenza e
non può trincerarsi dietro decisioni indiscutibili ché, altrimenti, non è
dialogo. La decisione di costruire la linea ad alta capacità è stata
presa oltre vent’anni fa. In questo periodo tutto è cambiato: sul piano
delle conoscenze dei danni ambientali, nella situazione economica, nelle
politiche dei trasporti, nelle prospettive dello sviluppo. I lavori per
il tunnel preparatorio non sono ancora iniziati, come dice la stessa
società costruttrice. E non è vero che a livello sovranazionale è già
tutto deciso e che l’opera è ormai inevitabile. L’Unione europea ha
riaperto la questione dei fondi, dei progetti e delle priorità rispetto
alle Reti transeuropee ed è impegnata in un processo legislativo che
finirà solo fra un anno e mezzo. Lo stesso Accordo intergovernativo fra
la Francia e l’Italia sarà ratificato solo quando sarà conosciuto
l’intervento finanziario della UE, quindi fra parecchi mesi. E anche i
lavori sulla tratta francese non sono iniziati né prossimi.
Dunque aprire un tavolo di confronto reale su opportunità,
praticabilità e costi dell’opera e sulle eventuali alternative non
provocherebbe alcun ritardo né alcuna marcia indietro pregiudiziale.
Sarebbe, al contrario, un atto di responsabilità e di intelligenza
politica. Un tavolo pubblico, con la partecipazione di esperti nazionali
e internazionali, da convocare nello spazio di un mese, è
nell’interesse di tutti. Perché tutti abbiamo bisogno di capire per
decidere di conseguenza, confermando o modificando la scelta effettuata
in condizioni del tutto diverse da quelle attuali.
Un Governo di “tecnici” non può avere paura dello studio,
dell’approfondimento, della scienza. Numerose scelte precedenti sono
state accantonate (da quelle relative al ponte sullo stretto a quelle
concernenti la candidatura per le Olimpiadi). Noi oggi chiediamo molto
meno. Chiediamo di approfondire i problemi ascoltando i molti “tecnici”
che da tempo stanno studiando il problema,, di non deludere tanta parte
del Paese, di dimostrare con i fatti che l’interesse pubblico viene
prima di quello dei poteri forti. Lo chiediamo con forza e con urgenza,
prima che la situazione precipiti ulteriormente.
1) don Luigi Ciotti (presidente Gruppo Abele e Libera)
2) Livio Pepino (giurista, già componente Consiglio superiore magistratura)
3) Michele Curto (capogruppo Sinistra, ecologia e libertà, Comune Torino)
4) Ugo Mattei (professore diritto civile, Università Torino)
5) Marco Revelli (professore Scienza Amministrazione, Università del Piemonte orientale)
6) Giorgio Airaudo (responsabile nazionale auto Fiom)
7) Nichi Vendola (presidente Sinistra Ecologia Libertà)
8 ) Monica Frassoni (presidente Verdi europei)
9) Michele Emiliano (sindaco di Bari)
10) Luigi De Magistris (sindaco di Napoli)
11) Tommaso Sodano (vicesindaco di Napoli)
12) Paolo Beni (presidente nazionale Arci)
13) Vittorio Cogliati Dezza (presidente nazionale Legambiente)
14) Filippo Miraglia (Arci)
15) Gabriella Stramaccioni (direttrice Libera)
16) don Armando Zappolin (presidente nazionale Cnca)
17) don Tonio dell’Olio (Libera international)
18) Giovanni Palombarini (giurista, già Procuratore aggiunto Cassazione)
19) don Marcello Cozzi (Libera)
20) Sandro Mezzadra (professore Storia dell dottrine politiche, Università Bologna)
Con Giovanna, Alessandro e Giuseppe siamo stati al presidio No TAV di Casteldelbosco presso Roure. L'anonima coristi ha riempito il pomeriggio di canzoni della Resistenza e della tradizione anarchica. Una lezione di storia sociale e politica ambulante. Molta ironia pacifica con gli automobilisti, investiti da un volantinaggio e da attraversamenti goffi sulle strisce pedonali per attirare l'attenzione. Alcuni salutavano con il dito medio, altri con il pollice levato, altri con il pugno chiuso.
RispondiEliminaCiao Mario