Alla
vigilia del
giorno della
memoria 2013 sono
raggiunto da
due notizie
sorprendenti e
per me
emozionanti. La
prima riguarda
Giovanni Panosetti
che invia
al suo
giro di
amici due
vecchi articoli
che lo
riguardano. Uno
è stato
pubblicato il 30 gennaio 2005
da “Patria
indipendente”,
la rivista
dell'Anpi;
il secondo
comparve il 24 giugno 2009 su
“L'Eco
del Chisone”.
Entrambi raccontano
che Giovanni
è nato
il 3 novembre
1944. Molti sono venuti al
mondo mentre infuriavano
i bombardamenti,
il freddo,
la fame,
i rastrellamenti
e la
borsa nera.
Ma a Giovanni è toccato di
nascere addirittura nel
lager di
Esslingen, vicino
a Stoccarda,
dove i
suoi genitori
erano stati
deportati. Vittorio
Panosetti suonava
il volino
non al
Conservatorio, ma
ai Mercati
generali, perchè
aveva rifiutato
la tessera
fascista. Sua madre Amalia
era invece
una donna
di servizio.
Deportati a
Esslingen dopo
una retata
dei tedeschi
a Porta
Nuova, pensavano
di poter
portare a
casa la
pelle perchè
nel marzo
1944, quando Giovanni
fu concepito,
l'esercito
rosso stata
avanzando su
Berlino. Ma
Vittorio non
potè coronare
il suo
sogno e
morì il
29 gennaio 1945, a
causa delle
gravissime ferite
riportate in
un bombardamento.
Giovanni era
stato battezzato
il giorno
prima nella
camera del
suo povero
papà agonizzante.
La seconda
notizia la trovo su “Avvenire”
del 24 gennaio scorso e riguarda il capitano Giovanni Gheddo che finì
i suoi giorni quarantenne nella tragica spedizione dell'Armir in
Russia. Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, non volle
abbandonare nelle mani dei russi e nel gelo atroce della steppa i
feriti intrasportabili. Preferì sacrificarsi rimanendo con loro pur
di consentire ai militari più giovani di tentare nella ritirata la
via del ritorno a casa. Mentre annuncia il probabile avvio del
processo di canonizzazione del capitano Gheddo, “Avvenire”
ricorda il figlio Piero, diventato missionario, ma ha il torto di
dimenticare che Franco e Mario – gli altri due figli - hanno scelto
la via dell'impegno sindacale nella Cisl, partecipando da
protagonisti negli anni Sessanta alla rinascita di un sindacalismo
autonomo e unitario alla Fiat e a Torino. Franco, in particolare,
deceduto nel 1997, è stato segretario della Cisl torinese dal 1979
al 1985 e con lui ho contratto un debito di riconoscenza: la sua
saggezza fu decisiva, tra l'altro, nel guidarmi sulle orme di Cesare
Delpiano di cui era stato successore.
Anche
Giovanni Panosetti si è gettato nell'avventura del movimento operaio
torinese, diventando uno dei leader più amati a Mirafiori durante le
lotte del '68-69 che egli contribuì ad animare sfidando con coraggio
contagioso l'emarginazione e i licenziamenti per rappresaglia che
potevano colpire i militanti comunisti. La sua saggezza di onnivoro
autodidatta lo proiettò al Comitato centrale del Pci negli anni di
Berlinguer. Ancora oggi, il suo entusiasmo generoso viene da un misto
travolgente di convivenza fra orgoglio e spontanea umiltà. Il suo
altruismo permane, a dispetto delle asprezze e delle delusioni patite
partecipando alle tormentate vicende rifondarole.
Niente: i
padri non li possiamo scegliere, tutti li dobbiamo rispettare e
riscoprire. Non avverto alcun bisogno di beatificarli. Imparando dai
padri degli altri possiamo persino riconciliarci con il nostro, se
l'intemperanza delle nostre ribellioni giovanili ha lasciato qualche
conto in sospeso e molti debiti. E poi c'è questo grande buco nero
della guerra che ha inghiottito i nostri genitori e dal quale ci
hanno fatto uscire. Hanno saputo ricostruire l'Italia con molto
lavoro, molte lotte e anche molti errori. Ci hanno riempito l'anima
del dovere della gratitudine e dell'impegno rinnovato per l'armonia
tra libertà ed uguaglianza in forme sindacali, civili e politiche
che tocca a noi inventare e continuamente sperimentare. Come è
scritto sulla tessera ANPI: “La memoria
batte nel cuore del futuro”.
Mario
Dellacqua
Le odierne dichiarazioni di Berlusconi sulle ridotte responsabilità del fascismo sono l'ennesima conferma delle attitudini autoritarie dell'ex presidente del Consiglio. Per l'uomo di Mediaset una società ordinata è costituita da bonari ceti privilegiati e proprietari disposti alla beneficenza illuminata. Le virtù delle classi subalterne si misurano sulla spontaneità con la quale tendono i polsi ai vincoli e, specialmente,se accettano la loro condizione con stoica disciplina e senza invidia. Quando le classi subalterne rivendicano una più giusta ripartizione della ricchezza prodotta, compiono un atto blasfemo che turba l'armonia sociale ed obbligano i Mussolini di tutti i tempi e di tutti gli spazi ad usare la mano pesante per ripristinare l'equilibrio sconvolto. Siamo in attesa di conoscere le cose buone del Mussolini ai suoi primi passi: l'interventismo? il proposito di fucilare nella schiena, dico fucilare, i deputati contrari alla guerra perchè sensibili alle riserve del "cagoia" giolittiano? La pianificazione del delitto Matteotti? I treni che viaggiavano in orario, la bonifica delle paludi pontine, i viaggi popolari, il patronato scolastico, la disciplina e l'educazione militare nella scuola? Ogni regime dittatoriale cerca le basi del suo consenso popolare e gli alpini che Mussolini voleva mandare a crepare senza scarpe in Russia, dovevano partire entusiasti e convinti di vincere, non smadonnando ad alta voce contro il duce.
RispondiEliminaBerlusconi assolve poi, assieme a Mussolini, i gerarchi che approvarono l'alleanza con la Germania, perchè con il più forte si viene a patti e i prepotenti si abbracciano con la viltà del servilismo, non con la dignità della ribellione. Berlusconi non ha mai sentito parlare dello spirito di Monaco che aprì la strada in Europa al dilagare del nazismo? Poichè il cavaliere di Arcore non può tuttavia separarsi dai sentimenti ancora ben vivi dei figli e dei nipoti delle vittime del nazifascismo, specie a ridosso di una prova elettorale, cerca di blandirli con l'innocua condanna delle leggi razziali. Tutto il resto dell'orribile impalcatura è però approvata o assolta. Spero di aver dimostrato che il leader del Pdl è non solo offensivo, ma pericoloso per la democrazia. Dovremmo tutti sentirci chiamati ad una ribellione tranquilla e ferma.
Mario Dellacqua