Mi
guardo sempre da quelli che dicono:
non sono un professore, non sono del ramo, sono ignorante, sono un
baracchino, non ho fatto le scuole alte. Il
motivo è semplice: quando arriva il però
– e stai certo che arriva presto – arriva con l'intimazione a
tapparti la bocca perchè sei tu a non capire niente.
Mi
è capitato di recente. Avendo io dimostrato che è una bufala la
notizia - pure trionfalmente divulgata su face
book
– secondo la quale una sentenza avrebbe depenalizzato i furti dei
rom se commessi per un importo inferiore ai duecento euro, un mio
concittadino mi chiede: a) se difendo rom e extracomunitari perchè
voglio i loro voti. b) se lo faccio “per
altro”,
quanti ne tengo a casa mia.
Tutta
questa fatica per dirmi che è meglio se sto zitto, visto che predico
bene e razzolo male. Ma lo sapevo già. Difficile trovare, specie
guardandosi allo specchio, chi predica bene e razzola bene. Più
saggio cercare la difficile armonia riconoscendo che c'è sempre uno
scarto tra ciò che pensi, ciò che dici e ciò che fai. E lottare un
poco ogni giorno per abolire o almeno ridurre la frattura. Questa me
l'ha insegnata Alberto Tridente. E oggi la ritrovo in Franco Arminio
che sul “Manifesto”
spera
in “qualche
intensa somiglianza tra il dire e il fare” per
combattere contro “lo
scoraggiatore militante”.
In
ogni caso, non capisco perchè i miei deboli meriti umanitari
autorizzino a raccontare balle che portano acqua al solito mulino: le
cause principali della crisi sarebbero gli stipendi dei parlamentari,
i privilegi degli zingari e i diritti pretesi dagli extracomunitari.
Condivido
l'idea che la riduzione dei privilegi dei parlamentari sarebbe il
primo segnale di una svolta possibile, ma che la crisi italiana
derivi solo dalla voracità del ceto politico è una tesi
insostenibile sul piano delle grandezze economiche. Tuttavia serve a
raccogliere consensi per i demagoghi di tutte le risme e rassicura
chi pensa che i problemi complicati hanno soluzioni semplici.
Illusioni pericolose e di grande successo.
Allo
stesso modo non condivido l'idea che i politici sono tutti uguali.
Non mi sembra giusto attribuire ai politici difetti e vergogne ben
presenti e ben coltivate nella cosiddetta società civile. Non è
giusto ma è comodissimo. E' una consolazione che illude. Per questo
va forte di questi tempi.
Il mio interlocutore è però interessato specialmente a
dimostrare che il comunismo ha fatto più morti del nazismo e che la
gioventù è rovinata da insegnanti come me che non parlano delle
foibe, ma solo di Primo Levi a frasi fatte.
Non stupisce l'approvvigionamento argomentativo dal
classico repertorio berlusconiano. Colpisce la gratuità e la
violenza sommaria con cui si condannano idee, valori,
professionalità, persone che non si conoscono. Prima demolire,
deridere, stroncare, liquidare. Indicare qualcuno da odiare e
colpevolizzare. Poi vivere, se resta tempo. Una strategia che porta
dritto all'infelicità quotidiana.
PS. Quanto ai voti, mia ambizione è avere le carte in
regola per chiederli a tutti, ma da qualche anno non so più bene per
quale partito.
Mario Dellacqua
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