Il lavoro non è solo uno
stipendio ma è anche realizzazione di sé, possibilità di immaginare e
programmare un futuro. Chi ha un lavoro è in relazione con gli altri, talvolta
in contrasto talvolta con spirito di gruppo, ma pur sempre con il sentire di un’ appartenenza assoluta tanto da
identificarsi in esso e dire “io sono un operaio” o “io sono un impiegato”
anziché dire “io faccio l’operaio” o “io faccio l’impiegato”.
La continua razionalizzazione dei
sistemi di lavoro ha spostato il peso della fatica dal corpo alla mente. Con
l’avvento delle macchine l’alienazione della catena di montaggio assicurava
nello scorso secolo una maggiore produzione ma anche qualche incentivo
economico frutto delle conquiste sindacali. Lungimirante, ma purtroppo isolata
nel suo genere, l’esperienza “Olivetti” che prendeva in considerazione la formazione, la cura del benessere
dell’individuo e la sua collaborazione all’organizzazione.
Oggi l’aspetto finanziario è al centro di tutto.
La ristrutturazione interessa gli individui ancor prima che gli strumenti del
lavoro. Se un’azienda licenzia la sua
quotazione in borsa sale. Le fusioni non sono la sommatoria di due entità ma
l’una che fagocita l’altra. Come in un
processo metabolico la digerisce e la espelle. Tanti dovranno andarsene e
ognuno teme di essere in pericolo. Il nemico non è più il “padrone” ma il-
collega. Le relazioni sono inquinate da sospetto, separazione, allontanamento e
difficoltà a mettere in comune le proprie esperienze.
Siamo condannati ad una società
dove il lavoro è considerato un privilegio, venuto meno lo spirito di gruppo,
scemano le istanze collettive a favore dell’individualismo. Un lavoro in
solitudine con rapporti fluidi e continuamente mutevoli. Quarantasette tipologie di contratti, il
sistema “cinese” di Prato o il caporalato delle regioni meridionali non sono
ormai punte di iceberg ma un modus al
quale la media si avvicina pericolosamente.
Chi ha un lavoro è costretto ad
operare in precarietà sia contrattuale che ambientale. La sua disponibilità è,
come si è solito dire, H. 24, ovvero sempre disponibile, per la dilatazione
degli orari giornalieri, per la turnazione in quelli che prima erano i giorni
festivi, perché ricevi l’e-mail quando stai per andare a letto. Lo si fa per la famiglia ma è la
famiglia la prima a soffrirne.
Chi non ha il lavoro si sente
sprofondare nelle sabbie mobili del divano di casa, quello che prima era tempo pieno dell’ufficio adesso è vuoto ed
angosciante e se sei un giovane ti senti espulso ancor prima di essere
accettato.
E’ tempo di riconsiderare le
osservazioni di taluni economisti che, pur bollati come Cassandra, segnalavano
la deriva di un sistema mondiale dominato dalla finanza. Occorre dare peso
all’apertura della nuova chiesa di papa Francesco che, in antitesi alla sua
storia, sembra aprirsi agli individui abbandonando pregiudizi e corporazioni. Qualunque intervento che non cambi le regole dell’economia
mondiale non potrà che differire la soluzione del problema esasperando la
crisi, gli animi ed i nazionalismi e con essi favorire l’affermazione di un
moderno medioevo.
Mario
Ruggieri
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