C'era
una volta uno slogan: lavorare meno, lavorare tutti. Da un lato,
l'abbiamo riempito poco, dall'altro la coscienza che il lavoro non
c'è, non mi pare sia patrimonio di molti. E invece non c'è lavoro.
Di quel lavoro di cui ci siamo sfamati fino a ieri, ce ne sarà
sempre meno, oserei dire fortunatamente. Questo però fa parte di un
altro discorso: dovremo reinventare il lavoro. Se invece si dice che
il lavoro c'è, ma non ce lo vogliono dare per colpa di “cattivi”
che lo
distribuiscono come pare a loro, si dice una mezza verità e anche
male. Senza rendersene conto (?), si rafforza quella “corrente
di pensiero” per
cui il lavoro ci sarebbe, ma quel che manca è proprio la gente con
voglia di lavorare (gratis o giù di lì).
Già.
Il lavoro di cui sopra è in gran parte quello reperibile nel
pubblico impiego e nelle sue carenze di organico. Con quel che segue.
Nel caso di “quel”
lavoro, mi pare per lo meno di cattivo gusto lanciare accuse a
Sindaco e Giunta, quasi che l'unico problema sia di cambiare
cocchiere perchè lo sgangherato carrozzone vada bene. Non voglio
prendere le difese di “diegounalacrimasulviso”,
ma altre sono le colpe di una sinistra che crede di gestire una fetta
di potere e la gestisce in modo da non disturbare l'Avvocato “Lamiera
Spa” e
consociati.
Franco
Calamida ci ha avvisati più volte del pericolo di ripercorrere la
parabola del movimento dei disoccupati organizzati napoletani.
Personalmente ho seguito quella situazione con attenzione, passione e
oserei dire amore: c'era del nuovo che mi piaceva! Là ho lasciato la
mia valigia con la “etica del lavoro”
e ho portato a casa una scatola di cartone vecchia come il mondo: il
lavoro come luogo di scambio di beni e servizi. Tutto poi finì nei
mille rivoli della ricerca dei santi in paradiso.
Caro
Calamida, a Torino non corriamo nessun rischio parabolico. Alcuni
strati si sono “organizzati”
per procurarsi i “santi in paradiso”.
Saranno forse la punta di un iceberg. Per ora le “istituzioni”
li trattano come “importanti”
e “significativi”.
Farà comodo? Penso proprio di sì.
Ma noi, cosa sappiamo, o vogliamo sapere, della parte
sommersa, cioè dei 150mila disoccupati di tutta la Regione? Credo
molto poco, anche perchè la parte sommersa dell'iceberg non urla, e
noi, forse, preferiamo parlare invece di imparare ad ascoltare le
voci deboli che non osano farsi sentire.
Dimenticavo.
Una parte “importante”
della sinistra pensa che i disoccupati (o cassaintegrati), oltre a
non aver voglia di lavorare, siano anche inidonei al “nuovo”
modo competitivo di produrre, anzi dannosi. Si tratterebbe quindi di
distribuire loro un reddito attraverso un “lavoro
innocuo-inutile”.
Che cavolo di sinistra, o che sinistra del cavolo sarà?
Bruno
Redoglia (detto Orso) – Torino
Primo
Piano, quindicinale piemontese, 8 ottobre 1984
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