Ho
conosciuto Costanzo Preve al Liceo di Pinerolo nel 1970 e mi ha
aiutato molto. Avevo 17 anni. Veramente, la prima cosa che ricordo di
lui negli anni pinerolesi è la sua felicità di padre. Tra i primi
indelebili insegnamenti, quello di piantarla di coprire di disprezzo
gli intellettuali quando non capivo qualcosa. Caso mai, studiare di
più invece di fare il furbo. Non bastava essere operaio per avere
ragione. Poi ci siamo persi di vista e ogni tanto ci ritrovavamo. La
nostra frequentazione fu più intensa quando l'esperienza di Dp
volgeva al termine dibattendosi fra scissioni, occasioni e
rifondazioni.
Ricordo
di aver recensito per “Primo piano”
(il quindicinale piemontese fiancheggiatore di Dp) il primo libro suo
che io abbia letto. La sua “Teoria in pezzi”
(Dedalo
1984) sottoponeva
a impietosa esplorazione le sotterranee ed operanti convergenze fra
apparenti antagonisti. Da un lato, il sindacalismo consiliare
torinese interpretava il comunismo come possibile risultante di una
favorevole radicalizzazione ed estensione del conflitto industriale.
Sull'altro fronte, socialdemocrazia e stalinismo erano accomunati da
una visione del comunismo inteso come conquista rivoluzionaria e/o
parlamentare del potere. Lo sviluppo al capitale e il potere agli
operai? Il comunismo è il capitalismo senza lavoro? Il comunismo è
possibile e maturo grazie alla potenza delle tecnologie, tutt'al più
riducibile ad una questione di rapporti di forza sindacali tra operai
e imprese? E' frutto di un capitalismo democratizzato dall'egemonia
operaia? Preve suggeriva di congedarsi da tutte queste visioni e
cercava la risposta dalle parti di Lukacs e della sua
democratizzazione della vita quotidiana...
Sarebbe
villano e non solo ingiusto attribuire il suo isolamento al carattere
scorbutico della sua personalità e di taluni suoi approcci. La
koinè frantumata dei filosofi, degli storici
e dei sociologi, è spesso tentata dagli imperativi dell'attualità e
dalle contingenti contorsioni di un ceto politico in cerca di
autorità disposte a patrocinare l'ultima svolta tattica. A queste
condizioni arriva sulle pagine dei giornali e fa il suo garbato
ingresso nei talk-show: un mondo estraneo all'opera di rifondazione
teorica e al superamento di obsolete dicotomie cui Preve aveva legato
i suoi studi con serena intransigenza. Serena non tanto. Talvolta
l'isolamento gli pesava e sperava di non reagire ai pessimi
trattamenti subiti facendosi venire “roca la
voce”.
Io
non riuscivo a stargli dietro, ma mi resta l'invito a masticare pane
duro, che poi era il suo pane quotidiano.
Mario
Dellacqua
27
novembre 2013
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