CIAMPI SCRIVE AI GIOVANI
Viviamo un'epoca che assedia
e i tabù ed erige nuovi totem. L'ultimo libro di Giorgio Napolitano (“Una e indivisibile”), così proteso al
ritrovamento di uno slancio patriottico smarrito a 150 anni dall'Unità
d'Italia, è destinato ad oscurare le fortune possibili della recente lettera
che l'ex Presidente Carlo Azeglio Ciampi indirizza “A un giovane italiano” (Rizzoli editore). L'intento è quello di sottrarre i giovani all'apatia, di
spronarli alla fiducia, di non lasciarsi spaventare dalle fatiche dell'impegno
civile, professionale e politico.
Varcata la soglia dei 90
anni, il Presidente emerito non cede alla tentazione di dare un carattere
esemplare ad un percorso biografico che l'ha proiettatato dagli austeri
ambienti della borghesia livornese verso la Resistenza, verso il Partito
d'Azione e, dopo l'abbandono della sua vocazione umanistica, verso la Banca
d'Italia, la Presidenza del Consiglio e il Quirinale.
Sorprendentemente, la rupture del Sessantotto non è demolita
con la saccenza acida dei nemici di ogni ribellione. Ciampi mostra di saper
riconoscere, nei giovani, la loro debolezza talvolta “rivestita di protervia”. Sa, con Paul Nizan, che avere vent'anni
non vuol affatto dire attraversare l'età più bella della vita. Perciò, Ciampi
comprende anche il '68 come un fenomeno di “bradisismo”
sociale, culturale e politico, come una manifestazione di malessere che si
sprigiona da una società contadina e autoritaria magmaticamente ansiosa di
modernizzare la democrazia, l'economia, la fabbrica, la famiglia e la scuola
insieme con il costume, i diritti e la musica.
La condanna di Ciampi
sopraggiunge quando “l'uguaglianza si
confonde con l'egualitarismo, la libertà con l'individualismo e la solidarietà
con il parassitismo”. Non meno ferma è la condanna del liberismo economico,
del mercato senza regole, della finanza separata dalla produzione e consegnata
alla speculazione con i suoi manager super pagati e i suoi giovani depredati di
sicurezza lavorativa. Ciampi si contorce nel dubbio e si chiede: “come è potuto accadere? Dove erano i
banchieri, i regolatori, , le autorità di vigilanza nazionali e
sovranazionali”. Domanda strana, Presidente: erano al loro posto ed
ubbidivano agli ordini del più forte.
Sempre sacrosanto, dunque,
l'invito ad eccellere e a rifiutare il piccolo cabotaggio, perchè “chi vive alla giornata muore all'imbrunire”.
L'incoraggiamento, però, risulta poco convincente se accompagnato dalla
rimozione degli interrogativi sullo scontro fra le classi, sulla distribuzione
dei redditi, sulle dinamiche del potere. Chi si tiene alla larga da questi nodi
non respira meglio e alla lunga rimane soffocato.
Mario Dellacqua
CARLO AZEGLIO CIAMPI,
A un giovane italiano, Rizzoli,
p.135, euro 14
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