Gustavo Zagrebelsky, 23 febbraio 2012
Nell’anno in corso, Libertà e Giustizia festeggerà i suoi dieci anni di vita. Faremo il bilancio del passato. Ma ora è urgente progettare l’avvenire e chiarire i nostri compiti, in continuità con l’impostazione originaria dell’Associazione. Si annunciano tempi nuovi e incerti per il nostro Paese. Speranza e preoccupazione s’intrecciano. Il nostro compito è capire le ragioni dell’una e dell’altra e agire di conseguenza, sapendo che la posta in gioco è alta.
Nell’anno in corso, Libertà e Giustizia festeggerà i suoi dieci anni di vita. Faremo il bilancio del passato. Ma ora è urgente progettare l’avvenire e chiarire i nostri compiti, in continuità con l’impostazione originaria dell’Associazione. Si annunciano tempi nuovi e incerti per il nostro Paese. Speranza e preoccupazione s’intrecciano. Il nostro compito è capire le ragioni dell’una e dell’altra e agire di conseguenza, sapendo che la posta in gioco è alta.
1. Il “governo tecnico” è un segno dei tempi: tempi di debolezza della politica e d’inettitudine dei partiti politici. Tra di loro si deve distinguere ma certo, nell’insieme, in Italia il sistema politico e la sua “classe dirigente” hanno fallito, arretrando di fronte alle loro responsabilità. Il governo che oggi abbiamo è frutto dell’iniziativa del Presidente della Repubblica che ha esercitato una difficile supplenza in stato di necessità. LeG ha salutato con sollievo la svolta, anche perché non si dimentica il timore che le forzature costituzionali accumulate negli anni potessero, nel momento decisivo, fare massa e indurre qualcuno a tentare una forzatura finale.
2.
Nello stallo della politica, l’ascesa della tecnica al governo è
apparsa l’unica alternativa al disastro finanziario, economico e
sociale. La dobbiamo accettare come pharmakon. Ma la medicina che
guarisce può diventare il veleno che uccide. Dobbiamo sapere che un
governo può essere tecnico nelle premesse, ma non nelle conseguenze
delle sue azioni. Il nostro è tecnico-esecutivo per le decisioni rese
necessarie dal malgoverno del passato e dalla pressione di eventi
maturati altrove, in sedi democraticamente incontrollabili, ma è
altamente politico per l’incidenza delle sue misure sulla vita dei
cittadini. Dire “tecnico”, significa privare la politica della libertà. LeG,
che ha in passato denunciato i pericoli del populismo, cioè della
neutralizzazione e dell’occultamento della politica dietro pratiche di
seduzione demagogica, non può ignorare che la tecnica esercita anch’essa
una forza ideologica che può diventare anti-politica. Allora, quello
che inizialmente è farmaco diventa veleno: senza politica, non ci può
essere libertà e democrazia; senza democrazia, alla fine ci aspettano
soluzioni basate non sul libero consenso ma sull’imposizione.
3. Che si tratti di medicina o di veleno, non sappiamo. Sappiamo invece che dipende da noi. LeG,
associazione di cultura politica, ha sempre operato per la difesa della
dignità della politica e, proprio per questo, ha denunciato i casi di
svilimento, di corruzione e di asservimento a interessi privati, di
chiusura corporativa e autodifesa di casta. Oggi, quando la distanza tra
i cittadini e i partiti non è mai stata così grande, proprio oggi è
urgente un’opera di riconciliazione nazionale con la politica. Forse, il
maggiore tradimento perpetrato dalla nostra “classe dirigente” nei
confronti della democrazia, è consistito nell’aver reso la politica
un’attività non solo non attrattiva ma addirittura repulsiva e di aver
respinto nell’apatia soprattutto le generazioni più giovani, proprio
quelle dove si trova la riserva potenziale di moralità e impegno
politico di cui il nostro stanco Paese ha bisogno.
4.
Siamo persuasi che la rifondazione della politica debba partire dalla
sua decontaminazione dalla corruzione che, tra tutte le cause, è quella
che più ha contribuito a imbrattarne la figura. Ormai, non si fanno più
differenze, in una generale chiamata in correità. Gli scandali e le
ruberie in un partito si riverberano in colpe di tutti i partiti. La
percezione è che nel tempo si sia creato un sistema di connivenze e
omertà, rotto occasionalmente solo dall’esterno, dalle inchieste
giudiziarie o giornalistiche (da qui, la diffusa insofferenza per
l’indipendenza della giustizia e dell’informazione). Questo sistema,
prima che con le riforme legislative, può essere incrinato solo
dall’interno. La connivenza può rompersi solo con la dissociazione e la
denuncia. Le tante persone che, nei partiti e nella pubblica
amministrazione avvertono la nobiltà della loro attività, escano allo
scoperto, ripuliscano le loro stanze, si rifiutino di avallare, anche
solo col silenzio, il degrado della politica. Acquisterebbero meriti e
ne sarebbero ricompensati. LeG
è convinta che questa sia la premessa e la condizione d’ogni riforma
credibile della politica e della grande riconciliazione di cui abbiamo
parlato. La legge sui partiti è una necessità di cui si parla da troppo
tempo. Oggi, gli scandali quotidiani, l’hanno resa urgente. “Subito la
legge ecc.”, si è detto. Ma possiamo crederci, se prima non cambiano
coloro che la legge dovrebbero farla?
5.
L’anno che ci separa dalle elezioni si annuncia ricco di propositi
riformatori delle istituzioni. Non è una novità, ma l’auto-riforma si è
dimostrata finora un’auto-illusione. Può essere che sia la volta buona
per contrastare la caduta di consenso ed evitare lo “sciopero
elettorale” che da diverse parti si minaccia. Ma si vorrebbe sapere con
chiarezza che cosa ci viene promesso. Chiusura o apertura? L’alternativa
è nelle cose, anzi nelle azioni. Non si può nasconderla con le parole. LeG
ritiene di rappresentare un’elementare esigenza democratica, chiedendo
di conoscere, in pubblico dibattito, se i contatti e gli accordi
preliminari che si vanno stringendo tra partiti mirano a corazzare il
sistema politico esistente, chiudendolo su se stesso, oppure se
finalmente si avverte l’esigenza di aprirlo alle istanze diffuse dei
cittadini, d’ogni ceto e d’ogni orientamento politico; se la “società
politica” ritiene di fare a meno della tanto disprezzata “società
civile”, oppure se ritiene di dover mettersi in discussione; se pensa
che sia legittima la sua pretesa di difendersi dai controlli, oppure se
sia disposta alla trasparenza e alla responsabilità; se il governo sia
un problema di mera efficienza decisionale, oppure se la questione sia
come, che cosa decidere e con quale consenso; se si vuole una democrazia
decidente a scapito d’una democrazia partecipativa. Sono tante le
domande che, finora, restano senza risposta.
6.
Sulla riforma della legge elettorale: quale che sia il meccanismo
prescelto, esso non deve essere pensato come strumento dei maggiori
partiti e della loro dirigenza per “dividersi le spoglie”. Se c’è una
legge nell’interesse primario dei cittadini, non dei politici, questa è
proprio la legge elettorale. Finora, tutte le riforme, e forse anche
quella in cantiere, hanno in comune l’essere concepite nell’interesse
dei partiti che la fanno. LeG
chiede che si ragioni di “giustizia elettorale” e non di “interessi
elettorali”: si scelga dunque una formula chiara e coerente che metta i
cittadini in condizione di controllare com’è utilizzato il loro voto e
di entrare in rapporto con i loro rappresentanti, senza interessate
distorsioni.
7.
La riforma elettorale, anzi le elezioni con la nuova legge elettorale
devono precedere ogni altra riforma. Come possiamo accettare che un
parlamento tanto screditato qual è quello scaturito dalla legge
elettorale attuale possa mettere mano alla Costituzione? I frutti sono
il prodotto dell’albero. Nessuna speranza può esserci che i frutti siano
buoni se l’albero è malato. In ogni caso, LeG
chiede, come elementare esigenza, che le eventuali riforme possano
essere sottoposte al controllo del corpo elettorale in un referendum di
particolare significato: come difesa d’una democrazia aperta contro i
possibili tentativi d’ulteriore involuzione autoreferenziale
dell’attuale sistema politico.
8. LeG
è un’associazione di cultura politica, ma non un’associazione politica,
fiancheggiatrice di questo o quel partito. Essa si rivolge ai cittadini
che vorrebbero amare la politica e, per questo, la desiderano più
dignitosa e rispettata. Poiché in questo momento la società italiana è
ricca di energie che chiedono rinnovamento e desiderano essere
rappresentate, l’invito a tutti è a non disperdersi nella sterile
protesta e a non dividersi nell’infecondo protagonismo, geloso di se
stesso, ma a unire le forze perché il difficile momento che vive il
nostro Paese possa essere superato nel segno della democrazia, della
libertà e della giustizia.
Primi firmatari:
Sandra Bonsanti, Claudio Magris, Roberto Saviano, Sabina Guzzanti, Salvatore Veca, Valerio Onida, Gad Lerner, Concita De Gregorio, Roberta De Monticelli, Michele Ainis, Aldo Gandolfi, Filippo Di Robilant, Paul Ginsborg, Giunio Luzzatto, Stefano Pareglio, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Gennaro Sasso
Primi firmatari:
Sandra Bonsanti, Claudio Magris, Roberto Saviano, Sabina Guzzanti, Salvatore Veca, Valerio Onida, Gad Lerner, Concita De Gregorio, Roberta De Monticelli, Michele Ainis, Aldo Gandolfi, Filippo Di Robilant, Paul Ginsborg, Giunio Luzzatto, Stefano Pareglio, Simona Peverelli, Elisabetta Rubini, Gennaro Sasso
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