Due libri che appassionano
e disturbano. Appassionano perchè raccontano con il fascino dell'avventura
“le discese ardite” nel precipizio della Shoah e “le risalite”
alla luce della civiltà e della pace. Ma specialmente disturbano perchè
obbligano a guardare come nel grembo di quella civiltà - alla quale
ci vantiamo di essere stati restituiti - possano ancora oggi incubare
i germi del razzismo. E possano poi nascere con prepotenza le creature
stregate dal desiderio di trovare nel gusto della sopraffazione la risposta
alle tante forme della propria infelicità.
Appena uscito è il libro di
Robert Sharedon che racconta l'attraversamento della Germania degli
anni Trenta per opera di un adolescente collocato d'ufficio dai nazisti
nella schiera degli ebrei da isolare, deridere, picchiare in gruppo
e poi perseguitare. Fino all'incendio dei cristalli dei loro negozi.
Fino alla deportazione. Il protagonista riesce a risalire solo grazie
alla separazione dalla famiglia e all'emigrazione semiclandestina, ma
trova i suoi alleati dove meno te lo aspetti.
In alto, un pugile campione
del mondo usa il suo privilegio e le sue entrature nel regime per aiutarlo
ad espatriare non senza avergli prima offerto nella sua palestra, con
il successo sportivo, la via del riscatto e della maturità. In basso,
l'animatore di una comunità omosessuale lo nasconde ai rastrellamenti
e gli mostra che anche nell'isolamento si può conservare e sviluppare
la dignità eversiva della gentilezza e dell'altruismo.
Fresco di stampa è di Raymond
Gureme “Il piccolo acrobata”, la storia di un altro adolescente
che sente di essere nato libero perchè “nomade”, “zingaro”,
“manouche”. Per le “genti del viaggio”, l'arrivo del nazismo
in Francia è stato solo l'intensificazione crudele di una persecuzione
perenne, socialmente accettata come normale e perciò pacificamente
riemersa nel dopoguerra a dispetto della sconfitta di Hitler. Una vita
braccata dalla polizia prima e durante la guerra, fatta di internamenti
e di nove fughe dai campi di concentramento in Francia e in Germania,
dove non c'era niente oltre il raro pane e l'acqua sporca: niente verdure,
figuriamoci la carne, niente vestiti, niente riscaldamento, molti sputi,
molte botte, molte piaghe, molte esecuzioni a cui assistere. Anche il
piccolo Raymond, diventato acrobata negli anni felici con il circo itinerante
della sua famiglia, oppone alla prepotenza sociale e politica le risorse
di una ribellione dignitosa e irriducibile che lo porta a incontrare
la consapevole partecipazione alla Resistenza.
Dopo la guerra ritrova la libertà
e, assieme alle attenzioni dei gendarmi delle ripristinate democrazie,
ritrova il frutto amaro di una società che vuole dimenticare. Finito
il nazifascismo, torna libero nella sua precedente collocazione di delinquente
con roulotte. I Sindaci gli si rivolgono quando lo stato della libertà,
dell'uguaglianza e della fraternità gli ha dato il diritto di voto,
ma rispondono “Sciò, via” a ogni richiesta di dotare il Comune
di un'area per le soste dei senza fissa dimora.
A ottantacinque anni, Raymond
però non scappa più. Ha girato l'Europa alla ricerca dei propri genitori
e dei parenti di tante vittime zingare della persecuzione. La sua lotta
per difendere la memoria è la nuova frontiera del suo impegno per la
libertà. E' diventato un museo il vecchio campo dove era stato internato
quando il governo di Vichy lo aveva brutalmente sottratto ai suoi cavalli
e al suo circo. E oggi, al suo ingresso, la risentita ironia di una
scritta (“Vietato ai nomadi”) risuona come un provocatorio sberleffo.
E' una sfida alla tranquillità di tutte le coscienze protette dalla
democrazia che accettano il disturbo di visitarlo. E' una richiesta
lancinante di risarcimento per un debito in sospeso. Una ferita sempre
aperta che la nostra civiltà non ha ancora curato.
Abbiamo dimenticato il giovane
parlamentare leghista che si dichiarava stupito perché a Milano è
più facile derattizzare una cantina che liberare un mercato rionale
dagli zingari? E allora si capisce che risulta impotente e poco contagiosa
la perentorietà della solita affermazione: mai più. Meglio sostituirla
con una domanda altrettanto fastidiosa ma meno scolastica: perché tuttora?
Mario Dellacqua
ROBERT SHARENOW, La stella
nel pugno, Piemme editore, 2012, euro 15,50.
RAYMOND GUREME (con Isabelle
Ligner), Il piccolo acrobata, Piemme editore, 2012, euro 15.
LA RESPONSABILITA' E' INDIVIDUALE
RispondiElimina(ripensando alla Rosa Bianca)
“Non comprendo, non sopporto che si giudichi un uomo non per quello che è, ma per il gruppo cui gli accade di appartenere”.
PRIMO LEVI, I sommersi e i salvati.
“Se anche non rimanesse che un solo tedesco decente, quest'unico tedesco meriterebbe di essere difeso contro quella banda di barbari, e grazie a lui non si avrebbe il diritto di riversare il proprio odio su un popolo intero”.
ETTY HILLESUM, ebrea olandese morta ad Auschwitz (Dal suo Diario 1941-1943. A cura di J.G. Gaarlandt, Adelphi Edizioni, Milano)